Il più classico degli strumenti di riassorbimento delle eccedenze (senza licenziamento) è la cassa integrazione guadagni (CIG), la quale si distingue in:

  • una cassa ordinaria (CIGO).
  • una cassa straordinaria (CIGS).

La cassa integrazione guadagni è un complesso istituto giuridico in forza del quale, in presenza di certe causali problematiche, l’imprenditore sospende il lavoro di una quota di dipendenti o dell’intero personale, rifiutando temporaneamente di accettare l’esecuzione delle relative prestazioni e, quindi, di erogare le corrispondenti retribuzioni.

L’imprenditore, tuttavia, non può disporre tali sospensioni soltanto sulla base di una propria decisione unilaterale: perché la cassa integrazione guadagni possa materializzarsi, infatti, occorre che la decisione datoriale sia supportata dall’emanazione di un provvedimento amministrativo, avente ad oggetto l’ammissione dell’impresa, per quel dato numero di dipendenti, alle prestazioni della cassa integrazione.

Effetto tipico di questo provvedimento è che lo Stato, attraverso l’INPS, si impegna a corrispondere ai lavoratori sospesi un’indennità pari a circa 80% della normale retribuzione. In forza di tale provvedimento, quindi, l’imprenditore è sollevato dall’obbligo di retribuire i lavoratore (sospensioni di lavoro legittimate ex post).

La funzione principale di tale provvedimento amministrativo è quella di garantire la serietà e l’attendibilità delle ragioni che hanno indotto l’imprenditore a richiedere l’intervento della cassa integrazione, sorvegliando così la corretta destinazione delle risorse pubbliche erogate dalla CIG.

Le causali che consentono l’ammissione alla CIG sono diverse a seconda delle due tipologie:

  • la cassa integrazione ordinaria interviene a fronte di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o agli operai o determinate da situazioni temporanee di mercato (art. 1 l. n. 164 del 1975).
  • la cassa integrazione straordinaria interviene (per le imprese industriali con più di 15 dipendenti, per quelle commerciali con più di 50 dipendenti e per altre categorie) nei casi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, di dichiarazione di crisi aziendale e di ammissione di un’impresa ad una procedura concorsuale.

La CIGO è autorizzata dall’INPS in sede locale, mentre la CIGS viene approvata dal Ministero del lavoro, sebbene la relativa indennità venga poi erogata dalla stessa INPS. La durata della CIGO, come si ricava delle causali che la giustificano, è più breve, mentre quella della CIGS, che interviene in situazioni più gravi e strutturali, può durare sino a tre anni. A proposito della CIGS, occorre precisare che la crisi dell’impresa da cui essa scaturisce dovrebbe essere almeno potenzialmente reversibile: tale strumento, infatti, non dovrebbe essere utilizzato quando la situazione risulti ormai pregiudicata, ossia come mero strumento di differimento del problema. Talvolta, tuttavia, è proprio questo l’uso che ne viene fatto.

Una volta ottenuto il provvedimento, oppure anche in precedenza, all’impresa spetta di scegliere il personale da collocare in cassa integrazione. Tale scelta deve essere operata seguendo criteri di correttezza oggettiva, ossia sospendendo quei lavoratori le cui unità produttive abbiamo sospeso l’attività. Con riferimento alla CIGS, peraltro, la l. n. 223 del 1991 spinge verso l’adozione di meccanismi di rotazione (criticati), che prevedano la sospensione di tutti i lavoratori a turno.

Tutti questi passaggi, ovviamente, rimangono contestabili in giudizio:

  • da parte dell’impresa presso il giudice amministrativo.
  • da parte del lavoratore presso il giudice ordinario
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