In ordine alla possibilità di portare ad esecuzione giudiziale le sentenze di condanna ottenute nei confronti della P.A., occorre ricordare che l’esecuzione forzata, ove ammissibile, può esercitarsi sia nella forma dell’espropriazione (art. 2910 c.c.), sia nelle forme specifiche regolate dagli artt. 2930 – 2933 c.c.: esecuzione in forma specifica.

A) L’esecuzione forzata in forma specifica: è da ritenersi ammissibile nei confronti di una P.A. tranne quando risulti eccessivamente onerosa per il debitore ovvero la distruzione della cosa sia di pregiudizio per l’economia nazionale (artt. 2058 e 2933 c.c.).

B) Il processo di espropriazione:

La dottrina dominante, in riferimento ai beni della P.A. soggetti a pignoramento, ritiene che l’esecuzione forzata possa aver luogo solo su beni patrimoniali disponibili, non su:

– beni del patrimonio indisponibile

– beni demaniali.

Ciò significa, quindi, che per la maggior parte dei beni pubblici, non essendo consentito un pignoramento non è nemmeno ipotizzabile un procedimento di esecuzione forzata.

2In merito all’esecuzione forzata avente ad oggetto denaro della P.A. occorre ripercorrere l’evoluzione giurisprudenziale: inizialmente, infatti, si riteneva che l’esecuzione forzata non potesse aver luogo sul denaro della P.A. se non nei limiti di capienza dei capitoli di bilancio destinati a spese per liti giudiziarie. Ciò per l’impossibilità che un atto del GIUDICE ORDINARIO incidesse sulle destinazioni del denaro in bilancio.

La giurisprudenza più recente, tuttavia, ha negato che le destinazioni di bilancio, aventi rilevanza meramente interna, possano condizionare l’esecuzione forzata sulle casse dello P.A., rilevando che i vincoli di destinazione riguardano unicamente le spese decise discrezionalmente dalla P.A. non certo quelle imposte in forza di un giudicato.

Per quanto attiene, infine, l’esecuzione forzata avente ad oggetto crediti della P.A., la giurisprudenza ritiene pignorabili solo i crediti originati da rapporti di diritto privato e non quelli originati da titoli di diritto pubblico (es. crediti tributari) perché vincolati a pubbliche finalità.

La giurisprudenza di legittimità, tuttavia, negli ultimi anni, sulla scorta delle critiche dottrinali, ha mutato orientamento. Si ritiene, infatti, che le somme di denaro e i crediti pecuniari esistenti nel patrimonio di un ente pubblico rientrino nel “patrimonio indisponibile” quando da una disposizione di legge o da un provvedimento amministrativo abbiano ricevuto univoca, precisa e concreta destinazione ad un servizio pubblico per l’attuazione di una funzione dell’ente.

Quindi la Suprema Corte ritiene che possano essere oggetto di pignoramento da parte del creditore della P.A., purché non siano a destinazione vincolata, anche le somme che le banche riscuotono per conto di enti pubblici, in base a rapporti impositivi di natura pubblicistica come la riscossione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), dell’imposta locale sui redditi (ILOR) o l’imposta sul valore aggiunto (IVA).

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