Dato che i principi del giudizio di cognizione valgono anche per l’esecuzione forzata, si devono ritenere esperibili nei confronti dell’amministrazione tutte le forme di esecuzione forzata previste dal codice di procedura civile, anche in forma specifica: la circostanza che l’azione esecutiva sia diretta contro un soggetto pubblico, infatti, non incide sulla giurisdizione. Con riferimento all’espropriazione forzata, tuttavia, emergono anche questioni peculiari, attinenti principalmente all’individuazione dei beni e dei diritti pignorabili:

  • alcune categorie di beni sono escluse dall’esecuzione forzata:
    • i beni demaniali, sia necessari (possono appartenere solo allo Stato) che accidentali (non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi);
    • i beni del patrimonio indisponibile, la cui esclusione è desunta dall’art. 514 co. 5 c.p.c. che dichiara impignorabili i beni necessari per l’adempimento di un pubblico servizio;
    • in passato era esclusa l’espropriazione di crediti di cui l’amministrazione fosse titolare in forza di rapporti pubblicistici, perché si riconosceva ad essa una sorta di discrezionalità nella graduazione del pagamento dei suoi debitori. Solo intorno al 1980 la Cassazione ha mutato indirizzo ed ha riconosciuto che non vi può essere discrezionalità qualora sussista un obbligo di adempiere ad una condanna al pagamento;
    • una legislazione speciale è pesantemente intervenuta in materia di finanza pubblica:
      • sono stati introdotti limiti alle espropriazioni nei confronti della pubblica amministrazione, precludendo l’espropriazione di beni e limitando l’espropriazione dei crediti alle somme non impegnate dall’ente per servizi pubblici essenziali;
      • in alcuni casi è stata sancita l’inespropriabilità di tutte le somme a disposizione di un ente (es. Banca di Italia);
      • è stato introdotto un termine dilatorio per l’esecuzione forzata delle sentenze di condanna nei confronti delle amministrazioni e degli enti pubblici non economici;

Sebbene questa disciplina introduca un privilegio processuale a favore dell’amministrazione che non trova alcun fondamento sul piano sostanziale, la Corte costituzionale ha finora respinto le censure di illegittimità, sostenendo che questa normativa attuerebbe l’interesse pubblico ad un regolare svolgimento dell’attività amministrativa;

  • la sentenze del giudice civile può essere eseguita, oltre che nelle forme previste dal codice di procedura, anche secondo il giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo. Al riguardo l’art. 112 co. 2 lett. c del nuovo codice di procedura amministrativa riconosce in via generale l’ammissibilità di tale giudizio per l’esecuzione delle sentenze del giudice ordinario passate in giudicato.
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