La tutela cautelare ha sempre carattere di strumentalità, realizzando l’interesse ad evitare che la durata del giudizio possa rendere praticamente inutile per il ricorrente la decisione finale. Secondo Calamandrei la misura cautelare ha lo scopo immediato di assicurare l’efficacia pratica del provvedimento definitivo.

Nel processo amministrativo la disciplina della tutela cautelare era modellata sul giudizio di impugnazione del provvedimento: la legge Crispi del 1889 dettava la regola secondo cui l’impugnazione del provvedimento non ha effetto sospensivo. Subito dopo l’istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato, tuttavia, fu ammesso che in alcuni casi questo potesse sospendere l’efficacia del provvedimento impugnato. Il codice, comunque, si attiene alla regola secondo cui, nel giudizio promosso per l’annullamento di un provvedimento, la presentazione del ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato. Al contrario, spetta alla parte interessata chiedere una misura cautelare al giudice amministrativo per evitare che le sue ragioni possano essere compromesse durante il tempo necessario per la decisione del ricorso (art. 55 co. 1).

In base ai principi generali, la concessione della misura cautelare da parte del giudice presuppone l’accertamento di due elementi:

  • fumus boni iuris (art. 55 co. 9), che consiste in una valutazione sommaria sul merito della pretesa fatta valere con l’impugnazione. La concessione della misura cautelare, in particolare, è subordinata ad una valutazione del giudice sulla ragionevole previsione sull’esito del ricorso ;
  • periculum in mora, identificato nella possibilità di subire un pregiudizio grave e irreparabile (art. 55 co. 1) dal provvedimento impugnato durante il tempo necessario a giungere alla decisione del ricorso. Il pregiudizio che giustifica l’accoglimento dell’istanza cautelare da parte del giudice amministrativo, tuttavia, non consiste nella lesione dell’interesse legittimo alla base dell’impugnazione del provvedimento. Esso deve essere individuato nel pregiudizio determinato dal provvedimento amministrativo ad un interesse materiale del ricorrente, qualificato dal carattere della gravità e dell’irreparabilità. Il giudice, comunque, nel decidere dell’accoglimento dell’istanza cautelare, deve tener conto secondo il suo prudente apprezzamento non solo dell’interesse del ricorrente, ma anche di quello dell’Amministrazione o dei controinteressati: in certi casi, infatti, l’esecuzione di un provvedimento può comportare un danno a carico del ricorrente sensibilmente inferiore a quello che si produrrebbe a carico dell’Amministrazione o del controinteressato.

A questi fini non è decisivo il carattere irreversibile degli effetti che possono prodursi: l’art. 55 co. 2, infatti, precisa espressamente che in casi del genere la concessione o il diniego della misura cautelare può essere subordinato ad una cauzione, a garanzia del pregiudizio subito dalla parte su cui grava la pronuncia del giudice. La cauzione non è tuttavia ammessa quando siano in gioco diritti fondamentali della persona o altri beni di primario rilievo costituzionale.

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