LA COSTITUZIONE. Art 28: esso detta un principio che sancisce la responsabilità dei funzionari e della P.A. sulla base di leggi penali, civili, amministrative, per gli atti compiuti violando i “diritti”. Art 97: esso ha per oggetto l’ordinamento degli uffici, disponendo che esso deve esser disciplinato con legge per assicurare imparzialità e buon andamento dell’amministrazione. Al 3° si stabilisce che agli impieghi nella P.A. si accede mediante concorso. Art 98: stabilisce che i pubblici dipendenti sono al servizio della nazione, oltre a ciò prevede per magistrati, militari, diplomatici, agenti di polizia delle limitazioni al diritto di iscrizione ai partiti politici. I titoli I e III contengono la disciplina degli organi di vertice della P.A.: il Presidente emana i regolamenti, nomina i funzionari dello stato, comanda l’esercito, presiede il CSM, conferisce le onorificenze. Il Governo fa cose di cui si parla dopo. L’art 111 stabilisce che verso le decisioni di Consiglio di Stato e Corte dei Conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi attinenti alla giurisdizione, oltre ciò che la tutela giurisdizionale dei diritti e interessi legittimi verso atti di P.A. è sempre ammessa davanti alla giustizia ordinaria e amministrativa. Ci sono poi norme costituzionali che portano principi in ordine alla allocazione delle funzioni amministrative tra enti territoriali: il 118 1° stabilisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a livelli territoriali superiori (provincie, regioni, stato) sulla scorta del principio di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza. I rapporti enti/formazioni sociali sono regolati dal 4° , che stabilisce che gli enti territoriali favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli/associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla scorta del principio di sussidiarietà.

Secondo Rossi, abbiamo 4 tipi di normative provenienti dalla Costituzione che incidono su organizzazioni e attività amministrativa:

a) quelle dettanti principi funzionali dell’organizzazione e dell’attività (legalità, imparzialità, buon andamento ecc),

b) quelle disciplinanti gli organi di vertice della P.A.,

c) quelle attinenti l’allocazione delle funzioni/poteri tra gli enti territoriali,

d) quelle riconoscenti libertà, diritti, doveri da cui scaturiscono obblighi organizzativi e di comportamento per le amministrazioni.

GLI STATUTI REGIONALI. Essi regolano l’organizzazione e il funzionamento delle regioni ex 123 1°. Statuti ordinari: approvati dal cons. regionale con legge regionale a maggioranza assoluta, con 2 deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di 2 mesi ex 123 2°. Possono esser sottoposti a referendum entro 3 mesi dalla pubblicazione, se c’è richiesta di 1/50 elettori o 1/5 del Consiglio regionale. Gli statuti speciali sono approvati con legge cos. Gli statuti sono in rapporto di gerarchia con altre fonti del diritto: subordinati alla Costituzione e leggi Costituzionali, sovraordinati a leggi e regolamenti regionali. Con le leggi statali vale il rapporto della competenza, in quanto teoricamente leggi statali e statuti dovrebbero riguardare ambiti diversi. La l. 2/2001 ha stabilito che le regioni a statuto speciale anche possono adottare con legge regionale un loro statuto che disciplini forma di governo e principi fondamentali in materia di organizzazione/funzionamento delle regioni. Ex 123 gli statuti devono esser “in armonia con la Costituzione”: questo per Corte Costituzionale vuol dire rispettare lo spirito della cos. stessa. In questi limiti gli statuti regionali possono disciplinare l’organizzazione/funzionamento delle regioni, es. potendo attribuire potestà regolamentare a giunta o a consiglio. Il 123 1° prevede materie che gli statuti devono obbligatoriamente disciplinare: esercizio del diritto d’iniziativa e referendum su leggi/provvedimenti regionali, pubblicazione leggi regionali, il 4° prevede che gli statuti disciplinino il Consiglio di autonomie locali. Gli statuti poi possono introdurre contenuti ulteriori e diversi rispetto a quelli previsti dal 123, ma per Corte Costituzionale queste cose ulteriori avrebbero poca effettività giuridica.

LE LEGGI. l’art 97 cos pone come cardine il principio di legalità. La competenza ad adottare leggi è ripartita secondo i criteri ex 117 cos. Lo stato ha competenze tassativamente esclusive, abbiamo poi competenza concorrente stato/regioni, in ultimo il 4° stabilisce una competenza residuale delle regioni nelle materie non citate dall’art. per Rossi parte rilevante dell’org e dell’attività amministrativa è soggetta alla legge regionale (es. ex 117 2° lett. G solo la regione può disciplinare l’organizzazione degli enti pubblici regionali e locali). Attualmente possono entrare nel nostro ordinamento anche leggi adottate in altri paesi UE: ad esempio se io mi iscrivo all’albo degli avvocati in Spagna, sono avvocato anche in Italia.

GLI STATUTI DEGLI ENTI LOCALI. Essi hanno assunto sempre più importanza a seguito della riforma del titolo V della cos. i limiti di questa potestà statuaria sono fissati dalla stessa cos che ex 117 2° rimette alla competenza legislativa esclusiva dello stato le materie relative alla legislazione elettorale, agli organi di governo e alle funzioni fondamentali di comuni, provincie, città metropolitane. La cos non pone alcun limite alla legge statale riferendosi alla legge elettorale e agli organi di governo degli enti locali, potendo essa spingere in queste materie a dettare disposizioni anche molto dettagliate, lasciando quindi poco spazio agli statuti. Quindi l’autonomia statutaria degli enti locali può esercitarsi in questi stretti limiti. Questi statuti possono esser inquadrati con le altre fonti del diritto, secondo il criterio della competenza.

I REGOLAMENTI. La l. 400/1988 disciplina all’art 17 i regolamenti del potere esecutivo. Essi sono atti normativi disciplinanti una materia generalmente: la loro violazione è censurabile dal giudice amministrativo come “violazione di legge” ma in quanto atti adottati dalla P.A. sono suscettibili di impugnazione davanti al giudice amministrativo. La stessa impugnazione può esser fatta insieme all’atto amministrativo che ne dà attuazione ma anche direttamente, se producono effetti lesivi. I regolamenti sono approvati dal Consiglio dei Ministri, con parere Consiglio di Stato, emanati con decreto del Presidente sotto controllo Corte de conti e pubblicati in G. U. Il governo ha potere normativo, potendo quindi adottare regolamenti senza la necessità di una previsione di legge, tranne le ipotesi in cui lo stesso ordinamento stabilisca che la disciplina di un certo fenomeno sia rimessa alla legge. Abbiamo diversi tipi di reg: esecuzione/attuazione delle leggi (spesso si confondono), indipendenti (regolano quando non esiste una norma di rango primario), delegati (autorizzati da legge delega e disciplinanti materie non coperte da riserva di legge su cui esiste una disciplina legislativa, abrogata però dalla legge delga con effetto a decorrere dall’entrata in vigore del regolamento,), di organizzazione (atti normativi volti a disciplinare l’assetto organizzativo delle amministrazioni interessate e quindi individuare dipartimenti, definire pianta organica e l’articolazione interna dei relativi compiti tra le varie strutture). La l. 400 parla poi di reg ministeriali, subordinati a quelli del Gov. Negli ultimi anni si sono creati i cosiddett “”atti normativi non regolamentari” il cui unico scopo consiste nell’eludere l’obbligo di acquisizione del parere del cons stato sulla disciplina da essi posta. La potestà regolamentare spetta alle regioni nelle materie a competenza concorrente e in quelle esclusive delle regioni. Anche enti locali possono farli. Autorità amministrative indipendenti gli adottano sia a efficacia interna (rileva solo sulla loro organizzazione interna), che a efficacia esterna (in quanto possono regolare riferendosi a certi settori).

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