Le attribuzioni, come detto, sono un fascio di poteri amministrativi che vengono attribuiti all’ ente; ciascun ente, a sua volta, è costituito da una pluralità di organi, in cui le attribuzioni sono ripartite (vengono, in tal modo, individuate le competenze dei singoli organi). Così, ad es., l’ ente-comune si compone dei seguenti organi: il consiglio comunale, la giunta, il sindaco e i dirigenti.

Va qui sottolineato che anche la competenza (degli organi) è ripartita sulla base di criteri che, però, solo in parte coincidono con i criteri di riparto delle attribuzioni (dell’ ente). In particolare, la competenza può essere divisa per materia (così, ad es., mentre il consiglio comunale delibera l’ acquisto di beni immobili, la giunta delibera quello di beni mobili); nell’ ambito della medesima materia, la competenza può essere, poi, divisa per funzioni (così, ad es., mentre al consiglio comunale spettano le funzioni di controllo politico-amministrativo, alla giunta spettano quelle di gestione).

Detto ciò, dobbiamo adesso chiederci il motivo per il quale i pubblici poteri sono distribuiti per sfere di attribuzione (dell’ ente) e di competenza (degli organi); per rispondere a tale quesito è necessario sottolineare che questa regola strutturale risponde ad un’ indispensabile esigenza organizzativa; la stessa che sta alla base della suddivisione del lavoro in fabbrica, così come delineata da Taylor: è più razionale che il lavoro sia diviso tra più persone, in modo che ciascuna faccia una parte di ciò che è richiesto. Da ciò si intuisce, quindi, che il potere pubblico ripartito per sfere di attribuzione (degli enti) e di competenza (degli organi) è un potere diviso: un potere, cioè, meno pericoloso (per il cittadino che lo subisce) di un potere concentrato (quale sarebbe quello di una struttura pubblica che cumulasse su di sé tutti i poteri amministrativi).

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