Nel XII secolo sono cominciate a fiorire anche altre scuole minori costruendo importanti centri di cultura. A Oxford si sviluppò un insegnamento del diritto romano tradizionalmente ricondotto al maestro lombardo Vacario estraendo brani del Digesto e dal Codice costituendo un manuale didattico secondo tecniche epitomatrica tipica della Chiesa e lo dedicò alla gioventù chiamandosi Liber pauperum. Le opere che si collegano alle “scuole minori” mostrano alcune peculiarità: la prima è quella grammaticale che le circonda evocando legami degli autori con le arti liberali. Si vede ad esempio il Piacentino che insegnò a Piacenza, Montepellier e Mantova scrivendo sermoni sulle leggi metà in versi e metà in prosa avventurandosi in tentativi poetici convinti di esser Virgilio.

Operette. Le prime eleganti sono le Enodationes quaestionum super Codice e le Quaestiones super Instituitis di Rogerio allievo di Bulgaro, in cui si trovano annotazioni sul Digesto, Codice e Authenticum. L’opera forse più importante è però la Questiones de iuris subtilitatibus (autore ignoto), il cui proemio è un’allegoria del templum iustitiae apparendo retoricamente sontuoso, con un’immagine della Giustizia che tiene in grembo l’equità benevola circondata da religio, pietas, gratia, vindicatio, observantia, veritas. Nell’opera si nota un disprezzo per i re transalpini che non avrebbero avuto il diritto di derogare alle leggi romane, in quanto ignoranti rispetto alla grande romanità.

Trattatelli pratici sulle azioni. Niger era un’insegnante di arti liberali a Parigi e dice che la rinascita del diritto romano e della sua scienza era ispirata in senso antigermanico ma non per le ragioni cesariste bensì perchè la Chiesa era contraria al pravus ritus iudiciorum germanico quindi al duello, oltre che alle composizioni pecuniarie. Si voleva quindi tornare a regole giustinianee. Piacentino cita che durante le sue meditazioni si era trovato accanto la donna Giurisprudenza e lui le sei era avvicinato vedendo che ella possedeva un libretto: de actionum varietatibus che gli servì per i suoi studi prrocessualistici e sarebbe girata molto quell’opera nelle città padane. Sul diritto processuale la migliore opera delle scuole minori rimane forse l’Ordo iudiciorum e l’Arbor actionum e soprattutto la Summa Quicumque vult il cui autore di tutte era Bassiano della scuola mantovana allievo di Bulgaro. Questi studiosi accesero un dibattito se l’actio corrispondeva o meno con la causa petendi essendone nient’altro che l’aspetto processuale: Piacentino (Mantova) sosteneva ciò. Bassano aveva creato nel diritto processualistico una produzione illustrativa di libelli introduttivi della lite, alla fine del secolo Pillio fece la Cum essem Mutine (elenca problemi sulla fase preparatoria della lite e della redazione dei libelli richiamando per oggetto le Quicumque vult di Bassiano) e quest’opera fu apri strada della richiesta da parte degli avvocati di prontuari dell’intero rito processo. Ciò portò alla formazione di ordines iudiciorum specie oltr’Alpe.

Mantova era poi un’importante centro di scritti longobardistici (oltre a Piacenza, Pavia) oltre che di studi di diritto romano. In questo ambiente era fervente la produzione di summae, glosse e piccoli trattati (specie sul duello) e ciò andò avanti fino al 1300.

Le summae. Questo era certamente il genere preferito dai panorami dogmatici delle scuole minori: furono adottate molto in Italia da canonisti e longobardisti e anche molto nelle scuole civilistiche francesi. Esse ebbero ad oggetto specialmente Codice e Istituzioni, poco sul Digesto. In particolare sul Codice si concentrarono quelle provenzali: famosa è l’incompleta Summa Codicis di Rogerio, la quale però fu completata dalla Summa Trecensis. Il Piacentino contribuì all’impulso dello studio della Francia meridionale completando la Summa Codicis, per poi decidere addirittura di farne una tutta propria. Creò allora la Summa Institutionum . Egli era un giurista sui generis e spesso usava nei suoi comportamenti modi da artista. Una volta, tornando a insegnare a Bologna, fu sfidato dagli invidiosi colleghi a fare un sermone sulle leggi. Egli costituì il proemio retorico inventando l’incontro tra due donne una giovane e bella (l’Ignoranza) l’altra vecchia e brutta (la Scienza legale) dove la prima predicava che lo studio delle leggi imbruttisce, l’altra che non studiando si butta via il tempo. Il dialogo si svolgeva anche con punti che portavano poeticità.

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