Grande influenza del diritto greco – ellenistico.

un diritto meno formalistico, meno rigido di quello romano classico, più moderno. Era un diritto incline, tra l’altro, a tutelare la posizione patrimoniale e successoria della donna e dei figli, e tendente a servirsi largamente della scrittura valorizzandola sul piano giuridico come un duttile e preciso strumento, valido ai fini della conclusione dei più disparati negozi.

Nei contratti e nelle obbligazioni emerge il documento scritto

come elemento costitutivo del negozio e non più soltanto come elemento di prova della sua esistenza.

Dall’oriente ellenistico passano inoltre nel diritto imperiale alcuni istituti,

  • la caparra (arrha) nella compravendita, che consentiva alle parti di recedere dal patto di compravendita con la perdita della caparra.
  • la pubblicità immobiliare, ora disciplinata con l’iscrizione delle ipoteche in pubblici registri (apud gesta).

La crisi dell’economia tardo-antica imprime nel diritto un’orma profonda.

Dall’età di Diocleziano in poi la legislazione imperiale favorisce la trasmissione ereditaria dell’esercizio di funzioni e di professioni che altrimenti si ritiene possano venir disertate.

Quindi un complesso di corporazioni (collegia) è disciplinato attraverso rigidi controlli statali. Ne deriva una accentuata stratificazione sociale, tale tra l’altro da differenziare formalmente a livello legislativo due distinte categorie di soggetti, gli honestiores e gli humíliores . Persino le sanzioni penali sono diverse a seconda che un soggetto, autore di un reato, appartenga all’uno o all’altro gruppo sociale.

Vi è nelle campagne una progressiva concentrazione delle terre nelle mani dei grandi proprietari.

In qualche caso lo Stato autorizza addirittura l’esercizio di funzioni pubbliche (tributi, atti di giurisdizione) da parte dei grandi proprietari di taluni fondi.

L’instabilità dei rapporti giuridici spiega l’introduzione da parte di Giustiniano di una prescrizione trentennale o quarantennale che permetta l’acquisto della proprietà prescindendo dal requisito della giusta causa, ma non da quello della buona fede iniziale.

Nel secolo V è ormai frequente la concessione in perpetuo di una terra a un colono e ai suoi eredi,

con l’obbligo di apportarvi migliorie e di versare al concedente un canone in natura e talora anche prestazioni a favore del proprietario: si forma l’istituto dell’enfiteusi.

Mutano con Costantino le sanzioni criminali, rese molto più aspre

Si accrescono i poteri del giudice nel perseguire i reati e nell’istruire i processi penali: al sistema accusatorio subentra gradualmente il principio inquisitorio.

Le controversie civili sono ormai dibattute e decise innanzi ad un solo giudice, essendo scomparsa la fase in iure e la fase (apud iudicem). Cade nel secolo IV il sistema formulare classico basato su tale distinzione in due fasi e si afferma ovunque il potere di cognizione e di decisione del funzionario-giudice.

Il procedimento si trasforma gradualmente, nel corso dell’età postclassica, in un complesso di atti scritti, che inizia con il libello dell’attore (libellus conventionis) e con le controdeduzioni del convenuto.

Si stabilisce ad esempio la graduazione di attendibilità delle testimonianze in base alla condizione personale del teste, la regola sul numero dei testimoni, la priorità della prova scritta su quella testimoniale: nasce cioè un primo nucleo di regole probatorie, passato nella compilazione giustinanea e destinato ad esercitare una profonda influenza suoi successiva evoluzione del diritto processuale in Europa.

In occidente:

Valentiniano III tentava di riaffermare le proprie prerogative di giudice supremo nei confronti di funzionari che abusavano della firma imperiale.

In Oriente:

Teodosio I poté nel 440 sfoltire gli interventi in appello dell’imperatore.

In più ci fu la reintroduzione del dibattimento davanti all’imperatore, il decentramento delle pronuncia di ultima istanza, il controllo delle decisioni dei militari da parte dell’autorità civile, infine il conferimento di nuovi poteri giurisdizionali di natura civile ai vescovi, ai quali i sudditi potevano ormai fare ricorso qualora il governatore della provincia avesse prevaricato con una sua decisione.

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