Quindi il concetto valore-persona è alquanto polisemantico e così spinge colui che lo richiama alla necessità di porre in relazione persona ed individuo o per distinguerli, o per identificarli, o per separarli.

Vi sono al riguardo varie teorie:

– alcune posticipano l’apparire della persona rispetto all’origine della vita umana, ritenendo che essa compaia in una determinata fase della vita prenatale o addirittura dopo la nascita;

– altri ritengono che non a tutti gli individui di genere umano pur nati debba essere riconosciuta la qualità di persona;

– altre identificano la persona e l’essere umano dal concepimento fino alla morte cerebrale.

Secondo Palazzani la prima teoria ha come fine quello di consentire al medico/scienziato che si trovi ad affrontare una situazione critica un criterio utile per risolvere il dilemma. in effetti affermare che la persona appare solo dopo un po’ in una determinata fase della vita prenatale è funzionale a legittimare alcune pratiche scientifiche o sociali (es. aborto).

In realtà va detto che anche se questa tesi si basa su dati scientifici constatabili in realtà ogni scoperta scientifica avviene in base ad una scelta prioritaria, in questo caso in base ad un preciso concetto di vita umana, di persona, quindi non è da tale scoperta che possiamo evincere cosa sia la persona o quando inizi la vita umana poiché la scoperta stessa è condizionata da una preventiva scelta al riguardo.

I biologi osservano che dal 5° al 7° giorno della gestazione inizia il processo di impianto dell’embrione nella parete uterina, tale processo giunge a compimento il 14° giorno. Sulla base di tali dati vengono ad essere formulate due diverse teorie che separano ambedue la formazione dell’embrionale individuo umano dalla comparsa della persona.

1ª teoria: distingue fra embrione e pre-embrione agganciandosi alla comparsa di un elemento come ad es. la stria primitiva, che consentirebbe un c.d. salto di qualità nel processo di formazione della persona.

2ª teoria: attribuisce al completamento dell’annidamento nell’utero e all’inizio di una sorta di interrelazionalità fra il feto e la madre l’appare di una nuova entità personale e quindi il sorgere della doverosa tutela.

Questa sorta di comunicazione tra embrione ed organismo materno viene recepita all’interno delle tesi di Prini per il quale l’embrione merita rispetto solo quando inizia la vita di relazione, all’interno dell’utero materno. Rispetto incondizionato ma datato. Incondizionato perchè l’embrione umano deve essere riconosciuto come fine e mai come mezzo materiale per qualunque intervento trasformativo o distruttivo; datato perchè l’embrione diventa “persona umana in sviluppo” solo quando instaura un rapporto comunicativo con la madre.

Secondo Prini quindi lo zigote e il pre-embrione sono possibili “oggetti” della biologia molecolare in quanto non hanno acquisito la piena soggettività che li rende degni di tutela indiscriminata.

Vi sono anche altre posizioni che, sempre separando il concetto di persona da quello di individuo di genere umano, ritengono che la persona appaia con il manifestarsi della c.d. sensitività cosciente. E’ questa la tesi sostenuta da un’ampia parte della bioetica “pro-choice”. Quindi per tale tesi la formazione della corteccia celebrale assicurerebbe il formarsi della persona.

Tra i sostenitori di ciò ricordiamo Mori per il quale la formazione della corteccia cerebrale corrisponde con il formarsi della persona poiché grazie ad essa è possibile l’attività mentale e cosciente in senso biologico, morfologico e fisiologico.

Stesso presupposto indirizza il pensiero di Singer, per il quale non è possibile individuare in modo neutralmente oggettivo quale sia l’esatto momento in cui la vita si presenta come degna di tutela, ma è possibile definire delle “caratteristiche eticamente rilevanti”. Quindi ritiene che tratto distintivo della soggettività sia la capacità di avvertire il piacere e il dolore in modo consapevole e la potenzialità di orientare le scelte in modo da massimizzare il proprio utile e il proprio benessere. Giunge così a teorizzare una morale non più antropocentrica ma “biocentrica”, perchè se la caratteristica moralmente e giuridicamente rilevante è quella di esser capaci di provare consapevolmente sensazioni e di progettare la propria vita per ottenere benessere, allora è evidente che la tutela si estende anche agli animali non umani, ma vanno esclusi dalla tutela tutti quegli individui che pur appartenendo alla specie umana non possono dirsi autocoscienti e capaci di proiettarsi nel futuro. Delfino o babbuino per tale studioso hanno quindi maggiore tutela che un cerebroleso, soggetto in coma, feto, infante ecc.. Tali individui godono di una qualche possibilità di protezione ma solo in quanto il loro destino interessi alcune persone che possono definirsi tali in senso pieno.

Per tutti gli altri, umani e non, l’ unico criterio risulta quello di evitare sofferenze inutili; possono essere soppressi attraverso tecniche in dolore purché siano rispettate 3 condizioni:

– Che ciò risulti conveniente;

– Che essi non soffrano;

– Che nessuno soffra per la loro scomparsa.

Secondo Singer tale scelta sarebbe in grado di conciliare il principio della massimizzazione dell’utilità con quello dell’eguaglianza. Opportunamente Palazzani lo critica perché sostiene che uguaglianza e utilità sono incompatibili di principio, o si segue l’uno o l’altro. Inoltre Palazzani critica la tesi di Singer perché dice di rispettare il soggetto in grado di manifestare pienamente i propri interessi, allora ciò vuol affermare implicitamente che ciò che importa è il soggetto più che gli interessi, cioè il piacere o il dolore non può esistere senza il soggetto che li percepisce e quindi l’esperienza presuppone il soggetto e non lo costituisce!

Un’altra critica alla tesi di Singer arriva da Possenti che ritiene che tale tesi darebbe un immagine riduttiva dell’intelligenza umana.

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