Egli critica continuamente 3 fronti a lui opposti: concettualismo tradizionale (da cui prende le distanze dicendo che l’interpretazione non è logica quindi la scienza giuridica non ha nulla a che vedere con quella formale, per questo dice di non credere a concetti del diritto di libri, ma in diritto spontaneo quindi il mondo economico ingloberebbe il diritto), realismo sociologico (che considera la teoria della natura dei fatti come fonte del diritto a cui lui si oppone dicendo che l’interpretazione non è una ricerca fattuale) e libero diritto (giudizio d’equità, si oppone dicendo che l’interpretazione non è mera espressione di sentimenti personali.). Tuttavia egli non condanna le 3 posizioni quando non contrastano con una realtà storicistica: l’uso strumentale dei concetti giuridici rispetto al concettualismo, lo studio dell’ambiente sociale per la maggior comprensione di un istituto rispetto al realismo, l’inevitabile relatività storica delle valutazioni rispetto al libero diritto. Proprio per questa visione si lega alla teoria della nouvelle retherhorique che confuta l’infecondo mondo della logica e del ragionamento morale non cadendo nelle braccia dell’irrazionalismo, giudicando il mondo dei valori non irrazionale ma forma di ragionamento che mira alla persuasione con l’argomentazione: quindi i valori si argomentano (come Ascarelli sostiene per l’interpretazione giuridica).

Per Ascarelli che la scienza fosse o meno una scienza era un problema fittizio: per lui importava sapere come i giuristi operavano quando interpretavano. Semmai per lui la sola scienza giuridica è l’interpretazione. Interpretare per lui voleva poi dire non poter esser neutrali, vuol dire esser comunque messi al servizio di poteri politici. Lui infatti non era neutrale e aveva il vantaggio di saperlo. Dopo le elezioni maggioritarie del 1953 si avvicinò al movimento dell’unità popolare e in seguito si avvicinò al radicalismo italiano partecipando a due conferenze che produssero relazioni, in una delle quali si chiedevano proposte di riforma legislativa riguardo la disciplina normativa delle spa.

Bobbio definisce Ascarelli un giurista-economista: studiò il diritto sempre prestando attenzione ai rapporti diritto-economia e considerando il valore strumentale rispetto ai fini economici della società. Proprio lo studio del diritto commerciale avevano messo in luce la funzione immediata del diritto, quella economica. Egli può esser considerato l’iniziatore della concezione funzionalistica del diritto: in questa concezione il giurista perde il tipico carattere del dogmatico, quello dell’ingegnere pronto a organizzare una società in espansione e in evoluzione

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