Interpretazione utile: il principio di conservazione del contratto

La prima regola di interpretazione oggettiva è quella della conservazione del contratto.

Il principio di conservazione del contratto è un principio generale che trova applicazione anche in tema di nullità.

Conformemente a tale principio sia il contratto sia le singole clausole di esso devono essere interpretate nel senso in cui possono avere qualche effetto anziché in quello in cui non ne avrebbero alcuno rendendole nulle o comunque invalide.

Tale principio è di fondamentale importanza in quanto impone l’interprete di valutare le singole disposizioni contrattuali in modo tale da conservare comunque la volontà delle parti ed evitare per quanto possibile, l’invalidità dell’intero negozio o di parte di esso. Ovviamente, trattandosi di una regola di interpretazione oggettiva potrà farsi ricorso ad essa sono dei casi in cui permanga una incertezza in ordine al significato o all’applicabilità della singola clausola o dell’intero negozio.

Questo principio, peraltro, non impone espressamente l’adozione dell’interpretazione “di massima utilità” in forza della quale la clausola possa spiegare il suo massimo effetto negoziale, rendendo solo obbligatoria l’adozione di una interpretazione che garantisca la validità dell’accordo nel suo insieme e delle sue singole clausole.

Sul punto giurisprudenza e dottrina sono divise.

Qualora l’interpretazione “conservativa” di una clausola renda invalido l’intero contratto, la regola di cui all’art. 1367 cod.civ. deve essere interpretata nel senso di preferire il sacrificio della singola clausola negoziale – che pertanto potrà essere considerata dalle parti come prima di effetto in quanto invalida-piuttosto che il sacrificio dell’intero negozio.

La regola di conservazione del contratto non concerne le cosiddette Clausole di stile, cioè le clausole che vengono aggiunte per prassi stilistica senza esprimere una specifica volontà delle parti.

Interpretazione secondo gli usi: le pratiche generali interpretative

Una fondamentale regola di interpretazione oggettiva è quella in forza della quale “le clausole ambigue” devono essere interpretate:

a) secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso;

b) ovvero, qualora una delle parti contrattuali sia un imprenditore, secondo ciò che generalmente si pratica nel luogo in cui si trova la sede dell’impresa.

Le “pratiche generali” cui fa riferimento a questa regola altro non sono se non le pratiche generalizzate gli affari – ossia le clausole costantemente applicate in modo costante e generale in un determinato luogo -già costituenti usi negoziali ex art. 1340 del cod. civ. e dunque, suscettibili di entrare nel contenuto negoziale anche se non espressamente volute dalle parti, purché, ovviamente non risulti che queste le abbiano espressamente escluse.

In realtà, anche se l’uso è identico, la funzione svolta nei due casi è totalmente differente.

Infatti, se considerata uso negoziale la pratica invalsa ha una funzione integratrice del contenuto contrattuale, intendendosi voluta dalle parti salvo il caso che questi l’abbiano espressamente esclusa (ovvero che il testo contrattuale risulti incompatibile con l’applicazione dell’uso negoziale); in funzione interpretativa, invece, la medesima pratica ha una funzione, per così dire, chiarificatrice del significato delle clausole ambigue, ossia di quelle in cui significato non sia certo e determinato, non potendo, all’opposto mai rivestire una funzione integratrice dell’accordo e quindi non avendo possibilità di estendere l’oggetto contrattuale a beni o prestazioni non espressamente previsti (o presupposti) dalle parti.

Interpretazione contro il predisponente

Per quanto riguarda i contratti a condizioni generali ovvero conclusi mediante l’impiego di moduli o formulari- e ferma restando l’applicazione delle disposizioni in materia di clausole vessatorie e quelle dettate in materia di contratti del consumatore – l’articolo 1370 introduce la regola in funzione della quale le clausole inserire in detti contratti si interpretano nel dubbio a favore dell’aderente.

La norma esprime l’esigenza di tutela dell’ aderente interpretando le clausole ambigue a suo favore e cioè soddisfacendo i suoi interessi. La regola dell’interpretazione contro il predisponente pone a carico di quest’ultimo l’onere di evitare ambiguità del testo del contratto, al quale si accompagna quello di vendere le condizioni generali facilmente conoscibili all’aderente, nel senso che il predisponente deve manifestare la loro esistenza e mettere il testo a disposizione dell’aderente.

La regola dell’interpretazione contro il predisponente prevale sulla regola che impone di interpretare le clausole ambigue secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo di conclusione del contratto e della sede dell’impresa. Infatti, l’onere del parlare chiaro non consente al predisponente di fare riferimento ad una pratica locale che può essere ignota alla generalità dei consumatori cui regolamento è destinato.

Interpretazione equitativa

Ultima delle regole legali di interpretazione dettate dal codice civile è quella dell’interpretazione equitativa. Si tratta quasi di una estrema ratio impiegabile nei soli casi in cui tutte le altre regole non si siano dimostrate sufficienti ad individuare la reale o legislativamente presunta intenzione delle parti.

Precisamente, questa regola impone che se l’applicazione degli altri canoni di interpretazione soggettiva ed oggettiva non consente di accertare il significato del contratto, questo deve essere interpretato:

a) nel modo meno gravoso per il debitore, se si tratta di un negozio a titolo gratuito

b) in modo da realizzare l’equo contemperamento degli interessi delle parti, qualora si tratti di negozio titolo oneroso.

L’ equità si definisce come il giusto contemperamento degli interessi delle parti in relazione allo scopo e della natura dell’affare. L’equità, quale criterio di interpretazione, va tenuto d’istinto rispetto all’equità quale criterio di integrazione del contratto: infatti inserire nella prima esso è diretto ad accertare il significato di una previsione contrattuale oscura, in sede di integrazione è volto a colmare le lacune belle regolamento contrattuale.

La regola dell’interpretazione secondo equità è espressamente indicata come regola di chiusura da applicare quando gli altri canoni ermeneutici non consentano di accertare il significato del contratto.

Tuttavia, quando il giudice è chiamato a decidere secondo l’equità, il canone dell’interpretazione equitativa prevale sulle altre regole di interpretazione oggettiva mentre rimangono prioritarie quelle di interpretazione soggettiva. E’ importante notare che ad essere oggetto di valutazione equitativa non sia la singola clausola contrattuale, ma il significato del contratto unitariamente inteso, con la conseguenza che il giudice non potrà operare interpretazioni parziali, ossia ristrette a singole clausole.

Interpretazione del contratto formale

I criteri legali di interpretazione del contratto trovano applicazione anche quando sia richiesta una determinata forma a pena di nullità.

L’onere della forma non consente, invece, di dare rilevanza alla volontà delle parti che si manifesti al di fuori ed in contrasto con il testo in ordine agli elementi essenziali del contratto.

Significato apparente e tutela dei terzi

Il problema della tutela dei terzi che si pone riguarda in generale in tutte le ipotesi di divergenza tra il significato normalmente desumibile dal testo contrattuale e quello particolare che le parti gli attribuiscono.

L’esigenza di tutela dei terzi, trova appropriata risposta nel principio adottato in tema di simulazione.

Questo principio consente ai terzi di buona fede, che abbiano acquisito diritti sulla base del significato apparente, di opporre tale significato alle parti.

L’interpretazione autentica

L’ interpretazione autentica è quella fatta d’accordo dalle parti per chiarire significato del contratto.

L’interpretazione autentica può essere: contestuale al contratto o successiva.

Se è contestuale contratto farà parte integrante del contratto trattandosi di una dichiarazione che completa, precisandolo, il contenuto della volontà delle parti.

Lì interpretazione successiva interviene, invece, per accertare il significato di un contratto che le parti hanno già stipulato e che quindi ha già nel suo significato.

Il problema che si pone è quello se le parti hanno il potere di stabilire per contratto quello che è un dato storicamente determinato, se cioè rientri nella nozione di autonomia negoziale anche l’accertamento del rapporto giuridico. La soluzione, ormai riconosciuta dalla giurisprudenza, porta ad ammettere che le parti possono accertale tra di loro quale fosse il significato del loro accordo. In quanto le parti interpretando d’accordo il contenuto del contratto, esse esprimono implicitamente una volontà negoziale attuale che li esime dai criteri legali di interpretazione.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento