L’organizzazione d’impresa importa, anche per il diritto tributario, per le attività di prestazioni di servizi non rientranti nel 2195. Sorge proprio la necessità in questo caso di verificare quando si è davanti a reddito d’impresa e quando di lavoro autonomo: si è osservato a riguardo che l’organizzazione in forma d’impresa è il parametro idoneo per stabilire l’appartenenza all’una o all’altra categoria di tali prestazioni, per cui la qualificazione del reddito dipende, in particolare, dalla riferibilità della prestazione. Sempre in relazione a rapporto redditi d’impresa/redditi di lavoro autonomo, si è posta anche la questione relativa alla possibilità di qualificare come impresa il reddito derivante dalle prestazioni di servizi degli esercenti arti e professioni intellettuali: riguardo a ciò la dottrina afferma che tali prestazioni non possono mai dar luogo a redditi d’impresa, producendo in ogni caso redditi di lavoro autonomo. Secondo una tesi opposta invero anche i professionisti che si avvalgono di un’organizzazione produttiva sarebbero da inquadrare fiscalmente tra gli imprenditori in quanto per essi assumerebbe rilievo decisivo l’organizzazione imprenditoriale. Secondo Tinelli bisogna in pratica valutare quale elemento predomina tra la prestazione intellettuale e l’apporto organizzativo (se prevale il 1°, avremo lavoro autonomo, altrimenti c’è l’impresa). Il 2° 55 considera anche redditi d’impresa quelli derivanti dallo sfruttamento di miniere ecc: secondo Tinelli però è reddito d’impresa solo per i soggetti che materialmente esercitino attività di sfruttamento del bene immobile e non dal proprietario o concessionario, che si limita a percepire un canone per il diritto all’utilizzazione del bene

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