L’IO (imposta comunale sugli immobili) e L’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) sono due imposte di grande rilievo: la prima è comunale e la seconda è regionale. Esse sono state istituite, rispettivamente, nel 1992 e nel 1997, come tributi il cui gettito è devoluto ai Comuni (ICI) e alle Regioni (IRAP). Il presupposto di queste due imposte è il possesso di immobili nel territorio dello Stato (ICI), l’esercizio abituale di attività autonomamente organizzate (IRAP). All’ICI vengono riconosciuti maggiori ambiti di autonomia rispetto a all’IRAP.

Infatti, i Comuni hanno il potere di stabilire annualmente l’aliquota dell’imposta tra il 4 per mille e il 7 per mille della base imponibile del tributo; inoltre i Comuni hanno la possibilità di introdurre, mediante appositi regolamenti alcune modifiche alla disciplina generale dell’imposta. Mentre, nell’ambito dell’IRAP, le Regioni hanno solo la possibilità di variare l’aliquota normale (che è pari al 4.25% del valore della produzione netta) nei limiti di un punto percentuale; mentre sono molto limitati gli spazi per autonomi interventi regionali sulla disciplina generale dell’imposta. Un dato comune sia all’ICI che all’IRAP è la loro indeducibilità dai redditi imponibili dell’IRPEF e dell’IRES. Parliamo dell’evoluzione di queste due imposte.

L’IO è una imposto diretto, di tipo patrimoniale, ordinaria, e proporzionale, sulla ricchezza immobiliare. E’ una imposta diretta perché la sua base imponibile è data dal valore degli immobili posseduti, anche se non produttivi di reddito; è ordinaria perché è dovuta con periodicità annuale; ed è proporzionale perché la sua aliquota non cambia al variare della base imponibile. Questa imposta fu istituita per soddisfare due esigenze:

  • La prima era quella di riservare ai Comuni una parte significativa della fiscalità relativi agli immobili che si trovano nei rispettivi territori;
  • La seconda esigenza consisteva nel sostituire le imposizioni patrimoniali di tipo straordinario (ossia, che operavano solo in occasione della trasmissione dei beni Inter vivos o mortis causo) con forme di imposizione patrimoniale ordinaria (ossia che operavano con periodicità annuale e con bassa aliquota).

Sotto questo punto di vista l’introduzione dell’ICI è da collegare alla soppressione di un altro tributo, ossia l’INVIM (imposta sugli incrementi di valore degli immobili).

Diversa è la genesi dell’IRAP, che si ricollega all’intento di attribuire alle Regioni una fonte primaria di finanziamento, a larga base imponibile e bassa aliquota, diretta soprattutto a fornire le risorse necessarie per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di Servizio Sanitario Nazionale. L’IRAP è stata istituita come nuovo tributo, ma al tempo stesso sostitutivo di altre forme di prelievo (come l’ILOR, l’imposta comunale sulle imprese, ecc.) che già gravavano sulle attività produttive e che sono state soppresse a seguito dell’entrata in vigore dell’IRAP.

Proprio questo rapporto innovativo/sostitutivo che sta alla base dell’introduzione di questa imposta, giustifica il carattere disomogeneo della disciplina dell’IRAP. Proprio per questo, il legislatore ha manifestato l’intenzione di procedere alla graduale eliminazione dell’IRAP; però al momento non vi sono state atti concreti in tal senso. La caratteristica fondamentale dell’IRAP sta nel fatto che viene applicata su una base imponibile composta dal valore della produzione netta che deriva dall’esercizio abituale di attività autonomamente organizzate.

Questo valore è molto più ampio rispetto al reddito conseguito dal titolare dell’attività produttiva, poiché comprende anche la parte che viene assorbita dagli oneri finanziari e dai costi per lavoro dipendente. In merito, la Corte Costituzionale ha già avuto modo di respingere i diversi dubbi di incostituzionalità di questa soluzione normativa, affermando che la ricchezza che deriva dall’esercizio di attività produttive è comunque un fatto che può esser assunto ad indice della capacità contributiva del soggetto titolare dell’attività produttiva.

Inoltre parte della dottrina ha sostenuto che l’IRAP presenti alcuni aspetti simili a quelli dell’IVA, in quanto l’IRAP non è altro che un prelievo commisurato al valore aggiunto prodotto in ciascuna fase della produzione e dello scambio di beni e servizi. Ed è proprio da qui che scaturiscono i diversi dubbi di compatibilità con il divieto di istituzione di tributi interni aventi caratteristiche simili a quelle dell’IVA. Anche se bisogna dire che questa idea è stata oggetto di varie critiche.

Infatti, l’IVA è una imposta sui consumi, applicata sulle singole operazioni economiche poste in essere nell’esercizio di imprese; ed è accompagnata da quel diritto/dovere di rivalsa nei confronti del destinatario delle operazioni medesime che ne garantisce il trasferimento sul consumatore finale. Invece, l’IRAP riguarda anche le aree delle attività non commerciali; è commisurata ai risultati di fine esercizio (invece che al valore delle singole operazioni economiche); e non è assistita dalla possibilità di rivalsa nei confronti dei soggetti esterni (lavoratori dipendenti) che beneficiano della ricchezza sottoposta a tassazione.

 

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento