L’individuazione di un presupposto economico come manifestazione determinata di capacità contributiva serve per verificare due esigenze riconducibili alla razionalità della tassazione:

che vi sia un collegamento effettivo tra la prestazione imposta ed il presupposto economico considerato;
che le molteplici ipotesi di tassazione contemplate dalla legge tributaria siano coerenti con quel presupposto, non siano cioè una semplice accozzaglia di casi empirici.

Il principio di capacità contributiva esige prima di tutto che vi sia un collegamento effettivo tra la prestazione imposta ed il presupposto economico considerato.

Tale collegamento esige prima di tutto che la somma sia parte della ricchezza considerata e che vi sia proporzionalità inoltre fra l’una e l’altra.

Come dice la Corte costituzionale, il presupposto costituisce fondamento e limite dell’imposizione.

Esempio classico di tassazione non legata al presupposto economico è stato la maggiorazione dell’imposta nella misura del 10% nel caso di omessa presentazione della dichiarazione.

Ma l’omessa dichiarazione da parte di un contribuente già accertato per l’anno precedente è solo la violazione di un obbligo che viene colpita da sanzione, non manifestazione di capacità contributiva.

Così pure l’accertamento del reddito fatto per un anno non può divenire base di tassazione di un altro anno, quando l’attività produttiva può essere cessata.

Il collegamento effettivo fra presupposto ed imposta deve sussistere anche sotto il profilo temporale, deve essere rispettato cioè anche nel caso della tassazione retroattiva, intendendosi per retroattività anche la semplice modificazione o trasformazione di un obbligo tributario e dei criteri di commisurazione connessi quali risultano da una precedente normativa.

Quando la legge tributaria assume ad oggetto di tassazione fatti passati o modifica retroattivamente una disciplina esistente, il collegamento effettivo può essere interrotto dal decorso del tempo: occorre verificare di volta in volta se al momento del pagamento dell’imposta retroattiva permangano nella sfera patrimoniale del contribuente gli effetti della manifestazione di capacità contributiva verificatisi in passato.

Se tali effetti non perdurano la tassazione non è collegata al suo presupposto economico e perciò diventa incostituzionale perché priva di capacità contributiva.

Il principio di capacità contributiva come principio interpretativo

È corretto il ricorso al principio costituzionale di capacità contributiva come principio interpretativo (d’altra parte i principi costituzionali sono anche principi interpretativi): fra più interpretazioni consentite dalla lettera della legge l’interprete deve attenersi a quella che faccia salvo il collegamento fra imposta e presupposto.

La questione di legittimità può essere risolta quindi già dal giudice di merito sul piano interpretativo, e la Corte costituzionale emette non di rado sentenze interpretative, salva la costituzionalità di una legge fondandola sull’interpretazione conforme a determinati principi.

 

La capacita’ contributiva come fondamento della coerenza logica delle imposte

Altra esigenza che scaturisce dal principio di capacità contributiva è che le molteplici ipotesi di tassazione, nelle quali si articola un’imposta che si caratterizza per un determinato presupposto, siano coerenti con esso.

La capacità contributiva è dunque anche esigenza di coerenza logica.

L’esempio più noto è quello dell’imposta locale sui redditi (ILOR), che estendeva la tassazione dei redditi derivanti da patrimonio, che è il presupposto tipico del tributo, a redditi non derivanti da patrimoni, come quello di lavoro autonomo.

 

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