La vita sociale nel Lazio precivico si strutturava su più poli essenziali. Vi era la presenza di un numero assai elevato di piccoli nuclei di popolazione, i pagi, composti talvolta di poche capanne e collegati a un’area territoriale molto ristretta.
L’unità dei vari pagi doveva fondarsi sulla presenza di interessi comuni e di tradizioni culturali consolidate. Accanto al culto degli antenati, alle sepolture comuni, a tradizioni e a nuove forme religiose, operavano, come potente fattore di coagulo, soprattutto interessi economici. La gestione in comune o la spartizione dei pascoli, il controllo e lo sfruttamento dei sistemi di comunicazione e dei traffici commerciali, la circolazione e lo sviluppo delle tecniche agricole e la diffusione dei prodotti metallurgici sono elementi che legano fra loro comunità. Di qui la presenza di non pochi centri di culto, di leghe che uniscono insieme più villaggi intorno a qualche centro sacrale comune e che non hanno mai funzioni esclusivamente religiose.
I villaggi laziali, composti di poche capanne ancora nell’VIII secolo, corrispondono al livello di una società tribale, dove gli stanziamenti umani sono caratterizzati da una notevole omogeneità di forme e dall’assenza di forti differenziazioni. Il vincolo che assicura la coesione di tali gruppi è più o meno direttamente fondato i legami di sangue, sull’appartenenza vera o presunta a stirpi e genealogie comuni.
La comunità di villaggio presuppone un vincolo parentale che, successivamente, troverà le in Roma una sua compiuta organizzazione nel sistema della famiglia agnatizia – gens. E’ probabile che all’interno del pagus il gruppo fosse organizzato in forme abbastanza semplici; non dovevano essersi ancora verificate notevoli differenziazioni sociali e dovevano quindi prevalere situazioni relativamente paritarie. Ciò sicuramente si sostanziava, all’interno del villaggio, in una serie di ruoli stabiliti in base a elementi «oggettivi» come il sesso, l’età, o al massimo, in base a qualità del tutto personali.