Il senato repubblicano appare profondamente diverso da quello originario, dalla composizione essenzialmente patrizia. Profondamente mutata, infatti, risulta essere la sua base sociale e politica nonché il reclutamento stesso dei membri del senato.

L’elezione dei senatori avveniva ogni 5 anni con delle regole precise. Entravano a far parte del senato,  gli ex-censori, gli ex-consoli, gli ex-pretori, gli ex-magistri equitum e probabilmente, in epoca successiva, gli ex-edili plebei e gli ex-tribuni della plebe.

Essendo composto in pratica da ex-magistrati, all’interno del senato venivano a riproporsi quelle gerarchie che si erano venute a stabilire tra le varie magistrature. I senatori erano perciò distinti in censorii, consulares, praetorii, aedilicii, tribunicii, quaestorii.

Questa gerarchia era rilevante non solo per il prestigio e la dignità che l’appartenenza ad una o ad un’altra categoria attribuiva ai singoli senatori ma anche perché il magistrato che presiedeva la seduta era solito interpellarli seguendo rigorosamente l’ordine del rango.

Le adunanze del senato si svolgevano in privato ma a porte aperte, in luogo chiuso inaugurato, sia dentro che fuori il pomerio.

La sede e il giorno della riunione veniva stabilito dal magistrato che convocava l’assemblea e la presiedeva, fissando in genere anche l’ordine del giorno.

La seduta si apriva con la presa d’auspici da parte del presidente e si chiudeva quando il presidente giudicava esauriente la discussione svolta, con la messa ai voti di una proposta, che se approvata alla maggioranza, costituiva la deliberazione del senato. Ne deriva l’elaborazione di un senatus consultum, redatto da un relator e da un comitato di senatori.

Il senato ha rappresentato sicuramente uno degli organismi più importanti, che è riuscito ad imporre sempre le proprie decisioni e le proprie scelte.

Intorno al 367, cominciò a formarsi a Roma una nuova classe dirigente, i nobilitas, dalla composizione mista, con cui indichiamo coloro i quali avevano raggiunto le cariche di consoli o pretori.

Data la tendenza della classe patrizia a chiudersi in se stessa, sino a costituire una casta chiusa, la nobilitas risultò essere sempre più composta da plebei piuttosto che da patrizi. In teoria, essa rappresentava una classe dirigente aperta, cui potevano accedere sempre nuove genti o famiglie, purchè uno dei loro membri avesse fortuna nella carriera politica.

Parliamo così di novi homines che s’imposero nello scenario poilitico repubblicano; novi homines che gradualmente diminuirono per il semplice fatto che le cariche pubbliche non erano retribuite ma comportavano spese considerevoli per chi le rivestiva. Solo chi riusciva ad accedere alla pretura e al consolato riusciva a trarre vantaggio economico dalle prede belliche ma solitamente i più non riuscivano a superare neanche i primi gradini della scala magistratuale.

Il censo, in un certo senso, rappresentava una condizione essenziale per poter intraprendere una brillante carriera politica. I novi homines erano uomini  facoltosi, solitamente ricchi proprietari agricoli, che solitamente provenivano dal ceto equestre: non dobbiamo dimenticare che l’aver prestato servizio come cavaliere era condizione pregiudiziale per poter aspirare alle magistrature.

Un’ulteriore difficoltà era rappresentata dalla struttura dell’elettorato, che in gran parte era legato alle famiglie da vincoli di fedeltà personale, trasmessi ereditariamente di generazione in generazione, nonché dalla speranza di favori e di appoggio. Rapporti questi che trovano un loro riferimento nei termini di clientela e patronato.

Comunque, nella maggio parte dei casi, i novi homines raggiungevano al massimo la pretura, più accessibile del consolato da quando i posti disponibili passarono da 4 a 6. I nobili, invece, si consideravano predestinati al consolato sin dalla nascita.

Si noti che la preminenza del consolato consisteva non solo nel fatto che ad essi spettava il diritto di parlare per primi in santo ma anche nel fatto che i consoli erano coloro i quali prendevano le decisioni più importanti, quando si presentava la necessità di prenderle con una certa rapidità.

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