Con le Leges Licinae Sextiae si determinò un riassetto delle strutture dello Stato repubblicano nella sua realtà istituzionale, stabilendosi una definita gerarchia delle magistrature. Al vertice:

La loro titolarità comportava, in genere, il comando militare con i connessi poteri coercitivi e la facoltà di indire leve. Dava, inoltre:

  • il diritto di convocare e presiedere le assemblee cittadine e il senato;
  • il potere di esercitare immediatamente qualunque atto coercitivo per ottenere l’obbedienza dei cittadini e dei magistrati inferiori
  • la facoltà di emanare e pubblicare nel foro i propri edicta, cioè particolari disposizioni o programmi di governo in materia di propria competenza
  • la capacità di assumere gli auspici maggiori titolo per il trionfo.

Questi magistrati, ad eccezione del dittatore, erano eletti uno per anno dai comizi centuriati, convocati o presieduti da un magistrato di rango superiore o pari a quello degli eligendi.

Magistrature subordinate, quindi minori, erano:

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Erano titolari di auspici minori, ed avevano anch’essi il ius dicendi e poteri coercitivi limitati, tra cui il diritto di comminare multe e di imporre il pagamento coattivo anche tramite il pignoramento di beni.

 

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