La disciplina del diritto di prelazione dello Stato in tema di circolazione dei beni culturali, è contenuta in tre articoli del codice dei beni culturali ( artt. 60, 61 e 62). L’art. 60 , in primo luogo, individua e disciplina i casi in cui sorge il diritto di prelazione e fissa la procedura che dovrà seguirsi per determinare il valore del bene, di competenza del ministero, che può determinarlo anche d’ufficio.

L’esercizio della prelazione spetta sia allo Stato che agli enti locali; questi ultimi, col codice attuale, possono emettere direttamente il provvedimento di prelazione. il diritto di prelazione può essere esercitato anche quando il bene sia a qualunque titolo dato in pagamento.inoltre il legislatore consente l’esercizio del diritto di prelazione anche in fattispecie diversa dalla compravendita (sia nella permuta che nelle fattispecie in cui il corrispettivo sia diverso dal denaro), accogliendo l’interpretazione che la giurisprudenza aveva effettuato con riferimento alla normativa precedente, secondo cui il diritto di prelazione era correlato non esclusivamente ad un atto di compravendita, ma tutti i negozi onerosi ad effetto traslativo, nonché ai negozi traslativi atipici.

Quindi è soggetto a prelazione, ad esempio, anche il contratto di alienazione del diritto di nuda proprietà con riserva di usufrutto, in cui lo Stato potrà acquistare la piena proprietà nel momento in cui l’usufrutto e la nuda proprietà si ricongiungeranno in un unico soggetto ( art. 1014 cc). Comporta l’esercizio della prelazione anche il contratto di mandato oneroso in cui sia pattuito, a titolo di retribuzione per il mandatario, il trasferimento in suo favore di un bene culturale. Dubbi invece sono sorti in alcuni casi:

1) alienazione di una quota di un bene indiviso, o di una parte indivisa di un bene unitario. Mentre parte della giurisprudenza ha escluso in questi casi il diritto di prelazione dello Stato, argomentando che per lo stesso bene vigerebbero due regimi giuridici diversi e confidenti, la giurisprudenza amministrativa e la dottrina hanno espresso parere contrario. A sostegno di questa ipotesi va detto innanzitutto che nessun testuale divieto è imposto dalla legge e che nessuna difficoltà potrebbe sorgere dalla coesistenza di due regimi, quello pubblico e quello privato, su di un unico bene (come accade nell’ipotesi , prevista dal codice, dei diritti demaniali su beni altrui).

2) bene soggetto a vincolo, conferito in società. In questo caso si ritiene possibile l’esercizio del diritto di prelazione, che sarebbe confermato dallo stesso art. 60 del codice dei beni culturali.

Non comportano l’esercizio del diritto di prelazione :

1) gli atti a titolo gratuito e tutti gli atti che hanno natura dichiarativa, compresa la divisione.

2) i contratti preliminari (anche se trascritti), la rinunzia abdicativa e la rinunzia all’eredità, perché con questi negozi si vuole solo dismettere un diritto acquistato nel proprio patrimonio.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento