Valutazione della perizia e della consulenza tecnica

La valutazione di una prova scientifica risulta difficile per due rischi contrapposti:

  • il pericolo che il giudice si rimetta completamente al parere dello scienziato;
  • il pericolo che il giudice si arroghi il diritto all’ultima parola (cosiddetto scienziato dilettante).

Tali opposti rischi si neutralizzano calando la prova scientifica all’interno degli ordinari meccanismi conoscitivi del processo e, in particolare, sottoponendo tale prova alla classica disciplina della motivazione (art. 546 co. 1 lett. e).

Nel quadro così delineato emerge l’assoluta centralità dell’esame incrociato al quale gli esperti possono essere sottoposti (art. 501): in forza di tale strumento, infatti, le parti riescono a convincere il giudice. In particolare, è fondamentale che l’esame incrociato verta sull’analisi della teoria del riferimento accolta dal tecnico, in modo da:

  • evitare che al perito sia attribuito un credito privilegiato sulla base di una sorta di ipse dixit;
  • permettere che una ricostruzione di parte risulti idonea a spiegare il caso concreto, sia in assenza di perizia, sia nell’eventualità che quest’ultima abbia fornito risultati contrastanti.

Il perito risulta attendibile non perché rappresenta una figura neutra di nomina giudiziale, ma in quanto la sua ricostruzione abbia resistito all’urto del contraddittorio. Non esiste una gerarchia tra perito e consulente tale da determinare in via presuntiva un minor credito dell’esperto di parte.

Nella valutazione della prova scientifica il giudice deve necessariamente verificare se il risultato raggiunto sia coerente con le altre prove raccolte nel procedimento. Egli, peraltro, deve spiegare se le prove acquisite nel corso del processo hanno eliminato ogni ragionevole dubbio sulla ricostruzione dell’accusa oppure se la difesa è riuscita a far sorgere un ragionevole dubbio (art. 533 co. 1).

Consulente tecnico del pubblico ministero

Nelle fasi dell’udienza preliminare e del giudice, anche il pubblico ministero può nominare un consulente tecnico ai sensi dell’art. 233. La differenza tra questo e il consulente tecnico della parte privata sta nell’interesse pubblico che muove l’attività del pubblico ministero: l’obbligo spettante a quest’ultimo di svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore dell’indagato, infatti, deve intendersi riferito anche al consulente tecnico da lui nominato.

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