Competenza.

La competenza può essere definita in due modi:

  • come l’insieme delle regole che consentono di distribuire i procedimenti all’interno della giurisdizione ordinaria;
  • come quella parte della funzione giurisdizionale che viene svolta da un determinato organo giudiziario.

Su questa base possiamo individuare tre criteri di distribuzione della competenza, la materia, il territorio e la connessione.

Materia (1).

Questo criterio di ripartizione della competenza conosce a sua volta due sottocriteri:

  • quello qualitativo, che si riferisce al tipo di reato;
  • quello quantitativo, che si riferisce al quantum della pena, intesa come massimo edittale non tenente conto di circostanze, continuazione o reiterazione (art. 4).

La competenza, comunque, viene suddivisa tra:

  • il Tribunale per i minorenni, una giurisdizione composta da due giudici togati e da due esperti in psicologia e competente in via esclusiva per tutti i reati commessi da minori;
  • la Corte di assise (art. 5), un organo collegiale composto da due giudici togati e da sei giudici popolari, cui sono attribuiti i delitti di sangue ed i più gravi delitti politici.

Le competenze di tale organo possono essere individuate:

  • quantitativamente, caso in cui tale giurisdizione è competente per i reati che prevedono le pene dell’ergastolo o della reclusione non inferiore ai ventiquattro anni, con l’eccezione dei delitti di tentato omicidio, rapina, estorsione e traffico di stupefacenti (a);
  • qualitativamente, caso in cui tale giurisdizione è competente per:
    • i delitti consumati di omicidio del consenziente, istigazione al suicidio ed omicidio preterintenzionale (b);
    • i delitti dolosi se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, eccezion fatta se essa è la conseguenza di una altro delitto, di una rissa o di una omissione di soccorso (c);
    • i delitti di ricostruzione del fascismo o concernenti la personalità statale (d);
    • il giudice di pace, un giudice non professionale cui viene riconosciuta la competenza a conoscere una serie di fattispecie attribuitegli qualitativamente, definite dalla Relazione ministeriale come casi di microconflittualità individuale. Nel tentativo di individuare le materie di competenza di tale giurisdizione dobbiamo distinguere tra:
      • i reati procedibili a querela (es. percosse, ingiuria, diffamazione, minaccia semplice, furto lieve e danneggiamento semplice);
      • i reati procedibili di ufficio (es. somministrazione di alcolici a minorenni e contravvenzioni legate alla legislazione speciale);
      • il Tribunale (art. 6), una giurisdizione avente:
        • competenza qualitativa, dato che ad esso competono i reati attribuiti espressamente dalla legge, cui si aggiungono quelli attribuiti al giudice di pace, se aggravati da terrorismo, mafia e discriminazione.
        • competenza residuale, dato che ad esso competono tutti i reati non appartenenti ad altri organi;

Le competenze devono comunque essere suddivise tra:

  • il Tribunale in composizione collegiale, un organo composto da tre giudici avente competenza:
    • quantitativa, per le pene superiori nel massimo edittale a dieci anni, ma inferiori a ventiquattro;
    • qualitativa, per i reati riconducibili alla criminalità organizzata, per quelli commessi dai pubblici ufficiali, per quelli in materia di società e consorzi, per quelli di violenza sessuale e prostituzione minorile e per quelli commessi dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni (art. 33 bis co. 1);
  • il Tribunale in composizione monocratica, un organo individuale avente competenza:
    • quantitativa, per i reati con pena edittale inferiore a dieci anni;
    • qualitativa, per i delitti di produzione e traffico di stupefacenti;

La ripartizione delle competenze tra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale è stata modificata dalla l. n. 479 del 1999, in forza della quale le competenze del primo (tribunale monocratico) sono state aumentata da quattro a dieci anni di pena edittale nel massimo. Tale riforma, in sintesi, non ha fatto altro che estendere le ipotesi nelle quali viene a mancare quella garanzia di imparzialità e di indipendenza che solo un organo collegiale può assicurare: il giudice singolo, infatti, non potendosi confrontare con altri colleghi, rischia sovente di essere influenzato dall’opinione pubblica e dai media.

Qualora si faccia riferimento al grado o allo stato del processo, si parla di competenza funzionale (es. le indagini preliminari sono di competenza del giudice preliminare, l’appello è di competenza della giurisdizione a ciò preposta).

Territorio (2).

Il legislatore ha predisposto un principio generale in base al quale risulta essere competente il giudice del luogo in cui il reato è stato consumato (art. 8 co. 1). Tale principio, tuttavia, è stato integrato da una lunga serie di ulteriori disposizioni:

  • se dal fatto di reato è derivata la morte, si ha riguardo al luogo in cui è avvenuta l’azione o la omissione (art. 8 co. 2);
  • se si tratta di un reato permanente, si ha riguardo al luogo in cui ha avuto inizio la consumazione (art. 8 co. 3);
  • se si tratta di un delitto tentato, si ha riguardo al luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il delitto (art. 8 co. 4);
  • qualora queste disposizioni non siano bastevoli, si ha riguardo all’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione (art. 9 co. 1);
  • se non è noto alcun luogo, si ha riguardo alla residenza, alla dimora o al domicilio dell’imputato (art. 9 co. 2);
  • se non è nota la residenza, il domicilio o la dimora, si ha riguardo all’ufficio del p.m. che per primo ha iscritto la notizia di reato (art. 9 co. 3).

La l. n. 420 del 1998 ha voluto introdurre una deroga all’intera disciplina della competenza per territorio, in ordine all’ipotesi in cui sia parte del procedimento un magistrato di ruolo nel distretto a cui competerebbe la giurisdizione (artt. 8 e 9). A tale scopo è stata costruita un’apposita tabella che, associando i distretti a due a due, determinata anche in queste ipotesi la competenza territoriale.

Connessione (3).

La connessione, un criterio attributivo della competenza, si ha (art. 12):

a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o in cooperazione fra loro, oppure se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l’evento;

b) se una sola persona è imputata per più reati commessi con una sola azione od omissione o con più azioni od omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso;

c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire od occultare gli altri.

Il legislatore ha predisposto una serie di regole per ripartire la competenza in caso di connessione:

  • qualora alcuni dei procedimenti connessi appartengano al giudice ordinario ed altri alla Corte costituzionale, è competente per tutti quest’ultima (art. 13 co. 1);
  • tra reati comuni e reati militari, la connessione opera solamente qualora il reato comune sia più grave di quello militare ed in tal caso è competente il giudice ordinario (art. 13 co. 2);
  • tra reati connessi di competenza della Corte di assise e del tribunale, è competente la prima (art. 15);
  • se più giudici sono egualmente competenti per materia, la competenza per territorio spetta al giudice competente per il reato più grave oppure, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato (art. 16 co. 1);
  • se le azioni o le omissioni si sono verificate in luoghi diversi e dal fatto è derivata la morte è competente il giudice del luogo dove si è verificato l’evento (art. 16 co. 2).

Alle regole della connessione fanno eccezione le ipotesi in cui vi siano procedimenti relativi ad imputati che al momento del fatto erano minorenni e procedimenti relativi ad imputati maggiorenni (art. 14 co. 1), oppure in cui vi siano procedimenti per reati commessi quando l’imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi quando era maggiorenne (co. 2).

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