Il codice prevede due tipi di misure cautelari reali che, comportando un vincolo di indisponibilità su cose mobili o immobili, tendono ad evitare che il passaggio del tempo possa pregiudicare irrimediabilmente l’efficacia pratica della sentenza irrevocabile di condanna:

  1. il sequestro conservativo, tendente ad evitare che diminuiscano o si disperdano le garanzie patrimoniali che potranno permettere successivamente al condannato di pagare le somme dovute per il risarcimento del danno.
  2. il sequestro preventivo, giustificato dall’esigenza di impedire che una cosa pertinente ad un reato possa essere utilizzata per aggravare le conseguenze dello stesso o per agevolare il compimento di altri reati;

Queste due misure cautelari reali si distinguono dal sequestro probatorio, tendente esclusivamente all’acquisizione di un elemento utilizzabile come elemento di prova nel procedimento penale.

Il sequestro preventivo pone su di una cosa mobile o immobile un vincolo di indisponibilità che ha la finalità di interrompere il compimento di un reato o di impedire il compimento di nuovi reati. Il codice prevede la possibilità di disporre il sequestro preventivo (art. 321) in tre casi di pericolo:

  • quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato (es. pellicola cinematografica oscena);
  • quando vi è pericolo che la cosa possa agevolare la commissione di altri reati (es. denaro derivante da rapina);
  • quando la cosa è pericolosa in sé, poiché di essa è consentita o imposta la confisca (es. arma usata per commettere un reato).

I requisiti del sequestro preventivo sono:

  • il fumus delicti, che richiede che sussistano indizi di commissione del fatto di reato per il quale si procede e non gravi indizi di colpevolezza;
  • il periculum in mora, che consiste nell’attitudine della cosa a essere strumentalmente ed oggettivamente collegata all’aggravarsi o al prostrarsi di un illecito o alla perpetrazione di altri fatti criminosi.

La finalità di prevenzione comporta che questo tipo di sequestro non solo crei un vincolo di indisponibilità su di una cosa, ma comporti un vera inibitoria (vincolo di fare e di non fare).

Il procedimento per porre in essere sequestro preventivo è il seguente:

  • il pubblico ministero richiede il sequestro;
  • il giudice, valutata l’esistenza dei presupposti senza sentire il possessore della cosa (es. imputato, persona offesa), dispone il sequestro.

Nel corso delle indagini preliminari si può fare eccezione alla regola secondo cui il sequestro preventivo è disposto dal giudice su richiesta del pubblico ministero (art. 321 co. 1): quando non è possibile attendere il provvedimento del giudice per le indagini preliminari, infatti, il sequestro preventivo viene disposto (co. 3 bis):

  • dal pubblico ministero con un decreto motivato;
  • in casi di urgenza dagli ufficiali di polizia giudiziaria, i quali devono trasmettere il verbale al pubblico ministero entro le quarantotto ore successive.

Questi, se non dispone la restituzione delle cose, entro quarantotto ore deve chiedere al giudice la convalida e l’emissione del decreto di sequestro, che deve avvenire entro i successivi dieci giorni (co. 3 ter).

La revoca del sequestro preventivo può essere chiesta al giudice dal pubblico ministero, dall’imputato o da chiunque vi abbia interesse. Il sequestro deve essere revocato quando sono venute meno le esigenze preventive previste (art. 321 co. 3).

Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice possono presentare richiesta di riesame l’imputato, il difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione (art. 322). Su tale richiesta decide il tribunale del riesame del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento. L’ordinanza di diniego del sequestro preventivo e l’ordinanza che respinge l’istanza di revoca proposta dall’imputato sono sottoponibili ad appello di fronte al tribunale del capoluogo di provincia (art. 322 bis).

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