Con l’espressione mezzo di prova si vuole indicare quello strumento processuale che permette di acquisire un elemento di prova. Il codice, in particolare, prevede sette diversi mezzi di prova tipici (artt. 194-243):

  1. la testimonianza;
  2. l’esame delle parti;
  3. il confronto;
  4. la ricognizione;
  5. l’esperimento giudiziale;
  6. la perizia;
  7. il documento.

Le modalità di assunzione sono predisposte in maniera tale da permettere al giudice ed alle parti di valutare nel modo migliore la credibilità della fonte e l’attendibilità dell’elemento di prova che si ricava dall’esperimento del singolo atto.

 Il codice non impone la tassatività dei mezzi di prova. Al contrario, a determinate condizioni, consente che possano essere assunte anche prove atipiche, ossia non regolamentate dalle legge. In base all’art. 189, il giudice ammette una prova atipica soltanto se questa presenta due caratteri:

  • sia idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti, ossia riesca a fornire elementi attendibili e permetta una valutazione sulla credibilità della fonte di prova;
  • non pregiudichi la libertà morale della persona, ossia lasci integra la facoltà di determinarsi liberamente rispetto agli stimoli (es. narcoanalisi, ipnosi).

Il giudice, peraltro, deve sentire le parti sulle modalità di assunzione della prova prima di decidere con ordinanza sulla richiesta di ammissione della stessa. Tale ordinanza, chiaramente, può essere controllata mediante l’impugnazione della sentenza. Il codice, in sintesi, permette che nel processo penale si utilizzino quegli eventuali nuovi metodi di acquisizione degli elementi di prova che il progresso scientifico e tecnologico elabora di continuo, tuttavia, vieta che ciò avvenga in base ad una scelta solitaria del giudice.

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