La disciplina precedente si fondava sulla distinzione fra i tre ordini di giurisdizione amministrativa (legittimità, merito ed esclusiva) e rispetto a ciascuno di essi articolava diversamente i mezzi istruttori. Nel nuovo codice la disciplina dei mezzi istruttori viene ricondotta ad unità, venendo ad accogliersi la proposta di estendere i poteri istruttori del giudice amministrativo a tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, fatti salvi il giuramento e l’interrogatorio formale.

 Sono confermati i tre mezzi istruttori tradizionalmente contemplati dal processo amministrativo e precedentemente riconosciuti per i giudizi demandati alla giurisdizione di legittimità:

  • la richiesta di chiarimenti, che consiste nella richiesta all’Amministrazione resistente o ad un’altra parte di fornire informazioni su fatti rilevanti per il giudizio (art. 63 co. 1);
  • la richiesta di documenti, che può avere ad oggetto qualsiasi documento inerente alla materia del contendere che risulti nella disponibilità dell’Amministrazione (art. 64 co. 3). Il giudice, peraltro, può richiedere l’esibizione dei documenti anche nei confronti delle altre parti (art. 63 co. 1) e nei confronti dei terzi (co. 2);
  • le verificazioni (art. 66), che possono avere contenuti molto ampi e che possono riguardare anche l’accertamento di fatti o di situazioni complesse (art. 63 co. 4). Il codice, modificando l’istituto per renderlo più coerente con i principi generali, stabilisce che il giudice ordina l’espletamento della verificazione a un organismo , un termine questo piuttosto ampio che non sembra circoscriversi ai soli soggetti pubblici. L’espletazione dei soggetti cui demandare la verificazione, tuttavia, non impedisce che di essa possa essere incaricata anche un’amministrazione interessata al giudizio. In considerazione di questi problemi, quindi, sarebbe logico assegnare una spazio più ampio alla consulenza tecnica, introdotta in termini generali con la l. n. 205 del 2000 ed espressamente contemplata anche nel codice (co. 4). Di regola, tuttavia, il giudice deve dare la precedenza alla verificazione, ricorrendo alla consulenza tecnica solo se indispensabile.

Le valutazioni tecniche effettuate dall’amministrazione, comunque, non possono essere tutte riesaminate dal giudice attraverso una consulenza o una verificazione: alcuni apprezzamenti di ordine tecnico dell’amministrazione, infatti, conservano un certo grado di insindacabilità. Attraverso la consulenza tecnica o la verificazione, quindi, il giudice può verificarne l’attendibilità, ma non può spingersi fino al punto di verificarne l’intrinseca esattezza.

Il codice, comunque, contempla in via generale anche vari altri mezzi istruttori:

  • su istanza di parte il giudice amministrativo può ammettere la prova testimoniale, la quale, tuttavia, è ammessa solo in forma scritta (art. 63 co. 3). La disciplina del codice, che richiama l’art. 257 bis c.p.c., ha come obiettivo quello di introdurre nel processo amministrativo una prova testimoniale che acceleri lo svolgimento dell’istruttoria e che eviti l’impegno richiesto dall’audizione diretta del teste da parte del giudice;
  • il giudice amministrativo può disporre anche l’ispezione (art. 63 co. 2);
  • il giudice amministrativo può in generale disporre tutti gli altri mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, ferma restando l’esclusione dell’interrogatorio formale e del giuramento (art. 63 co. 5).

In passato il rapporto tra attività amministrativa e istruttoria giurisdizionale era rappresentato anche in termini molto stretti, quasi come se l’istruttoria nel processo amministrativo fosse diretta essenzialmente a saggiare e ad integrare l’istruttoria amministrativa. La dottrina (Benvenuti), tuttavia, ha dimostrato che il nostro processo si ispira ad un modello diverso: l’istruttoria nel giudizio ha come obiettivo non la revisione o la correzione del procedimento amministrativo, ma l’acquisizione di tutti gli elementi di fatto utili per la decisione giurisdizionale.

Nella giurisprudenza, peraltro, è emersa anche una concezione che indirizza l’istruttoria del giudice amministrativo a una verifica della coerenza e della completezza dell’istruttoria svolta nel procedimento amministrativo più che a una valutazione diretta dei fatti. Un modello del genere, tuttavia, non convince, perché sostenere che non sia consentita al giudice la cognizione diretta dei fatti significa escludere la tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti di un atto viziato.

 I provvedimenti istruttori del giudice sono adottati con ordinanza (art. 36) dal Presidente o da un magistrato da lui delegato, in qualsiasi momento del processo fino all’udienza di discussione. Possono comunque essere adottati dal collegio, nel corso o in esito alla trattazione dell’istanza cautelare o all’udienza di discussione. La verificazione e la consulenza tecnica, invece, possono essere disposte solo dal collegio (art. 65 co. 2).

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