Il difetto di giurisdizione

Il difetto di giurisdizione (art. 20 c.p.p.) è un fenomeno che si riferisce ai rapporti che intercorrono tra giudice comune e giudice speciale e si caratterizza come mancanza di potestà del giudice comune di fronte al giudice speciale o viceversa; la legge processuale accomuna, nella sua previsione, sia il difetto relativo, sia il difetto assoluto di giurisdizione: il difetto relativo si realizza nel momento in cui un giudice comune (ad es., il tribunale ordinario) procede in ordine ad un reato del quale dovrebbe, invece, conoscere un giudice speciale (ad es., il tribunale militare) o viceversa; il difetto assoluto si realizza, viceversa, quando sia l’ organo comune che quello speciale risultano carenti della potestà di giudicare.

Entrambe le situazioni sono rilevabili, anche d’ ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (quindi, anche nella fase delle indagini preliminari).

Il difetto di competenza e il difetto di attribuzione

Sulla potestà del giudice penale può anche incidere l’ inosservanza dei criteri di ripartizione della competenza (per materia, per territorio o per connessione).

In particolare, l’ incompetenza per materia si realizza, ex art. 21, co. 1 c.p.p., nel caso in cui il giudice, al quale è sottoposta la questione, non sia competente a decidere in ordine a quel reato (si pensi, ad es., al caso in cui il tribunale sia chiamato a decidere in ordine ad un reato di competenza della Corte d’ assise); l’ incompetenza per materia può essere rilevata, su eccezione delle parti o anche d’ ufficio dal giudice, in qualsiasi stato e grado del processo (trattasi, infatti, di nullità assoluta).

L’ incompetenza per territorio (art. 21, co. 2 c.p.p.) deve essere, invece, eccepita dalle parti o rilevata d’ ufficio dal giudice prima che si concluda l’ udienza preliminare ovvero, nel caso in cui questa dovesse mancare (come, ad es., nel giudizio direttissimo), durante la fase introduttiva del dibattimento, dopo che siano stati compiuti gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti (superati questi limiti temporali interviene la cd. perpetuatio jurisdictionis in capo al giudice indebitamente investito: trattasi, infatti, di nullità a regime intermedio). È bene precisare, in ogni caso, che se l’ incompetenza per territorio viene eccepita dalle parti nei termini su indicati, ma il giudice rigetta l’ istanza avanzata, è data la possibilità alle stesse parti di riproporre l’ eccezione di incompetenza in grado di appello.

Le regole che disciplinano l’ incompetenza per territorio valgono anche per l’ incompetenza derivante da connessione, per materia o per territorio (art. 21, co. 3 c.p.p.).

Nel caso in cui venga dichiarata l’ incompetenza del giudice presso il quale pendeva il procedimento, il codice di rito si premura, in ogni caso, di fissare la sorte degli atti posti in essere dal giudice incompetente: in particolare, ai sensi dell’ art. 26 c.p.p., le prove già acquisite mantengono la loro piena efficacia; mentre, ai sensi dell’ art. 27 c.p.p., le misure cautelari emesse da un giudice incompetente conservano efficacia per i 20 gg. successivi all’ ordinanza che ha dichiarato la sua incompetenza, potendo poi essere rinnovate dal nuovo giudice.

Diverso dal difetto di competenza è, invece, il difetto di attribuzione (art. 33 quinquies c.p.p.) che si realizza quando vengono violate le disposizioni relative all’ attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica.

L’ inosservanza di tali disposizioni deve essere rilevata, su eccezione delle parti o d’ ufficio dal giudice, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’ udienza preliminare ovvero, se questa dovesse mancare, durante la fase degli atti introduttivi al dibattimento, subito dopo che siano stati compiuti gli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti.

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