Il libro III è interamente dedicato alle prove e vi si trova concentrata la disciplina dei “mezzi di prova” e dei “mezzi di ricerca della prova” dopo un titolo dedicato alle “disposizioni generali” sulla materia.

L’idea di racchiudere in un unico contesto normativo tutta la disciplina delle prove sottolinea la centralità del tema nel processo e ripudia l’impostazione del codice del 1930. Si è sentita fortemente la necessità di ripristinare il primato del principio di legalità sull’intera disciplina della prova.

Le disposizioni generali collocate a guisa di preambolo sono una specie di catalogo dei principi guida da osservarsi in materia probatoria e come tali sono logicamente prioritari rispetto alla regolamentazione dei singoli mezzi. Tali disposizioni sono uno dei settori caratterizzati dal più elevato risalto ideologico e culturale dell’intero codice sia per la loro attitudine unificatrice che per i loro contenuti talvolta fortemente innovatori.

Il problema della sfera di incidenza della normativa contenuta nel libro sulle prove

Il libro III non è l’unico luogo ove vi siano norme sulla prova, se ne trovano infatti sia nel libro V che nel VII. Le disposizioni del libro III si applicano anche in aree processualmente non destinate alla formazione della prova come la fase del dibattimento e quella dello svolgimento dell’incidente probatorio (anche se in alcuni casi sono necessari degli accorgimenti di tipo interpretativo).

Per quanto riguarda l’intervento del giudice nel corso delle indagini preliminari non si può arrivare a diversa conclusione se non che lo stesso giudice possa utilizzare alla base del proprio convincimento solo gli elementi probatori il cui impiego non sia incoerente con la corrispondente disciplina stabilita in materia di prove.

Più delicato è il discorso per quel che concerne l’operatività delle disposizioni contenute nel libro III rispetto alle indagini preliminari svolte dal pm. Ciò non significa che il pm si trovi nella condizione di organo legibus solutus nello svolgimento delle indagini preliminari senza alcun obbligo di osservanza, almeno per i principi di fondo dettati sul terreno probatorio.

Da un esame del quadro se ne desume che le “disposizioni generali” con cui si apre il libro III devono sicuramente applicarsi nel corso delle indagini preliminari del pm (o della polizia giudiziaria) ma nei limiti consentiti dalla natura e dalla finalità delle stesse. Per quel che riguarda la disciplina dei mezzi di ricerca delle prove precostituite non è dubbio che essa debba essere seguita dal pm. Ma lo stesso non può dirsi per la disciplina dei mezzi di prova, che non a caso risulta dettata facendo di regola riferimento al giudice trattandosi di atti normalmente affidati alla sua gestione; nel codice, la regolamentazione delle omologhe attività da parte del pm, all’interno delle indagini preliminari, presenta una sua specifica autonomia.

A sostegno di questa interpretazione depone anche il fatto che tali atti hanno diversa nomenclatura (che dovrebbe anche segnare la maggiore snellezza che li caratterizza). Quindi sembra che in linea di massima le norme relative ai mezzi di prova, quali risultano dal libro III, non debbano in linea di massima applicarsi nel corso delle indagini preliminari del pm. Questo non significa che non si possa talora pervenire in sede interpretativa a ritenere applicabili le norme dettate per i mezzi di prova anche con riferimento ad attività o situazioni riconducibili all’ambito delle indagini preliminari del pm (sono tuttavia operazioni interpretative molto delicate).

 

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