Affinché un giudizio possa considerarsi valido ed efficace, è necessario che il giudice presenti alcune caratteristiche fondamentali.

La capacità, come idoneità del giudice a rendere il giudizio, è disposta dall’articolo 33 del c.p.p. il quale al 1° comma dispone: “Le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario”.

La mancanza di capacità del giudice integra una nullità assoluta. Tale nullità deriverebbe solo dalla violazione delle norme dell’ordinamento giudiziario che regolano l’ammissione in ruolo del magistrato e la qualifica richiesta per le funzioni esercitate, nonchè le previsioni in tema di composizione numerica dei collegi. Sarebbero escluse da tale concetto tanto le norme che presiedono alla regolare costituzione dell’organo giudicante nell’ambito del singolo processo, quanto le regole poste a tutela dell’indipendenza e dell’imparzialità del giudice.

L’incompatibilità (art 34 e 35 c.p.p.) è una situazione che pregiudica l’imparzialità del giudice e che, per ciò, lo rende incapace di esercitare le sue funzioni giurisdizionali nello specifico processo.

Il novero delle incompatibilità originariamente previste dal codice è stato ampliato da una serie di interventi addittivi della Corte costituzionale che hanno distinto le ipotesi di incompatibilità in tre gruppi.

Il primo gruppo riguarda le ipotesi in cui il giudice, nello stesso procedimento, ha assunto dei ruoli che devono rimanere distinti dalla funzione giudicante (ad es. il ruolo di pubblico ministero, difensore, procuratore speciale di una delle parti, perito, consulente tecnico ecc.).

Il secondo gruppo: riguarda le ipotesi in cui il giudice abbia un rapporto di coniugio, parentela o affinità fino al secondo grado con i giudici che hanno esercitato funzioni nello stesso procedimento.

Il terzo gruppo ricomprende quelle ipotesi in cui il giudice ha svolto funzioni giurisdizionali nello stesso procedimento. In questo caso si teme una mancanza di imparzialità, dovuta alla naturale tendenza di ogni individuo a mantenere un giudizio già espresso.

Per questo motivo è incompatibile, ad esempio, il giudice che: ha pronunciato sentenza in un precedente grado di giudizio; ha emesso il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare; ha adottato il decreto penale di condanna; ha disposto il giudizio immediato; ha rigettato la richiesta di patteggiamento prima dell’apertura del dibattimento; ha disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero perché il fatto era diverso da quello contestato ecc.

L’art. 34, co. 2 bis, stabilisce che chi ha svolto funzioni di giudice per le indagini preliminari non può, nel medesimo procedimento, emettere decreto penale di condanna nè tenere l’udienza preliminare o partecipare al successivo giudizio, a meno che non si sia limitato a compiere atti che non implicano un pregiudizio sul merito della regiudicanda.

La giurisprudenza ha statuito che il giudice che si è pronunciato in una diversa fase processuale sulla libertà personale dell’imputato, formulando un apprezzamento prognostico in ordine alla sua responsabilità, diviene incompatibile all’esercizio della funzione di giudizio sul merito dell’accusa.

Non può svolgere l’udienza preliminare il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare sentenza, poi annullata, nei confronti del medesimo imputato per lo stesso fatto oppure che ha emesso il decreto di rinvio a giudizio poi annullato o che ha disposto, in un precedente dibattimento per la medesima regiudicanda, la trasmissione degli atti al pm.

Sia pure con riferimento al procedimento a carico di imputati minorenni, il giudice delle leggi ha introdotto l’incompatibilità alla funzione di giudice dell’udienza preliminare di chi, in qualità di componente del Tribunale del riesame o dell’appello, si è pronunciato sul merito dell’ordinanza in tema di misure cautelari personali.

Non può pronunciarsi sulla richiesta di patteggiamento il giudice che nel medesimo procedimento, in qualità di componente del Tribunale del riesame o dell’appello, si è già espresso sul merito dell’ordinanza in tema di misure cautelari personali; non può partecipare al giudizio abbreviato il giudice dell’udienza preliminare che ha rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata.

l’incompatibilità non può invece essere determinata da atti compiuti all’interno della medesima fase, destinati a essere assorbiti nella pronuncia conclusiva, intesa quale ordinata sequenza di atti, ciascuno dei quali legittima, prepara e condiziona quello successivo.

La Corte costituzionale ha precisato che non può attribuirsi alle parti la potestà di determinare l’incompatibilità nel corso di un giudizio del quale il giudice è già investito con la conseguenza che lo stesso giudice verrebbe spogliato di tale giudizio in ragione del compimento di un atto processuale cui è tenuto a seguito di una istanza di parte.

Quando ricorre un’ipotesi di incompatibilità, il giudice dovrà astenersi e le parti hanno il poteri di ricusarlo.

L’astensione è prevista anche nei casi previsti dall’articolo 36 del c.p.p.: quando il giudice presenta legami con le parti, ha un interesse nel procedimento ovvero ha dato consigli sul procedimento al di fuori delle sue funzioni giurisdizionali. Ma anche quando esisto gravi ragioni di convenienza.

La Corte Costituzionale ha precisato che questa formula richiede una valutazione caso per caso della convenienza a che il giudice si astenga dal procedimento.

La dichiarazione di astensione è presentata al presidente dell’organo giudiziario cui appartiene il magistrato. Se l’astensione proviene dal presidente del tribunale, su di essa si pronuncerà il presidente della Corte d’appello; se l’astensione proviene dal presidente della Corte d’appello, su di essa si pronuncerà il presidente della Corte di cassazione; se l’astensione proviene dal Presidente della Corte di Cassazione, non ci sarà alcuna pronuncia dato che essa opererà motu proprio (cioè per la semplice astensione del presidente della suprema corte).

Il presidente dell’organo a cui è presentata l’astensione decide con decreto: se l’astensione è accolta il presidente stabilità quali atti adottati dal giudice astenuto rimarranno efficaci. Da quel momento l’astenuto non potrà più compiere alcun atto nel procedimento.

Ai sensi dell’articolo 37 del c.p.p., a nc he le parti possono ricusare il giudice per gli stessi motivi che giustificano l’astensione (escluse le ragioni di convenienza), quando il giudice, prima di pronunciare la sentenza, abbia manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetti dell’imputazione o quando, chiamato a decidere sulla responsabilità penale dell’imputato, ha espresso in un altro procedimento (anche non penale), una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti dello stesso soggetto.

Le modalità e I termini per la proposizione della dichiarazione motivata e documentata di ricusazione sono disciplinati dall’art. 38. I termini per la formalizzazione della dichiarazione di ricusazione, nell’ipotesi in cui il giudice abbia raccolto l’invito della parte ad astenersi, non decorrono fino a quando non sia nota la decisione di rigetto della dichiarazione di astensione, potendosi configurare in capo alla parte una legittima aspettativa a vedere riconosciuta la situazione di pregiudizio alla imparzialità e serenità del giudizio da essa segnalata.

Qualora, poi, la causa di ricusazione sia sorta nel corso dell’udienza, la parte interessata ha solo l’onere di formulare la dichiarazione di ricusazione prima del termine dell’udienza, con esplicita riserva di formalizzare tale dichiarazione nel termine di 3 giorni.

Sulla domanda di ricusazione decide la Corte d’appello, a meno che la ricusazione non riguardi un giudice della Corte d’appello, in tal caso deciderà una diversa sezione della Corte d’appello; la stessa regola vale se viene ricusato un giudice della Corte di Cassazione.

Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione.

La decisione avviene con ordinanza adottata nell’ambito di un procedimento camerale in cui, se è necessario, vengono assunte ulteriori informazioni. In attesa della pronuncia della Corte, il giudice ricusato non deve sospendere la sua attività, salvo che la Corte disponga il tal senso, autorizzandolo a compiere solo gli atti urgenti. Al contrario in caso di accoglimento della domanda di ricusazione, il giudice non potrà compiere nessun altro atto nel procedimento, la Corte lo sostituirà stabilendo al contempo quali atti già posti in essere devono rimanere efficaci.

Se il giudice la cui ricusazione si stata accolta dalla Corte adotta sentenza o qualunque altro atto processuale: questi atti verranno colpiti da nullità assoluta.

Se il giudice è stato solamente ricusato dalle parti e adotta sentenza: quest’ultima sarà colpita da nullità solamente se la ricusazione viene successivamente accolta.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori