Il giudice penale deve presentare alcune caratteristiche costituzionalmente imposte:
A) La precostituzione per legge: questo requisito viene richiamato, insieme a quello della naturalità, dall’articolo 25 comma 1 della Costituzione (viene inoltre richiamato dall’articolo 6 paragrafo 1 della e.d.u.). Esso è una chiara espressione del principio della legalità processuale, rivolto in questo caso all’organo giudicante il quale deve essere precostituito in base alla legge (cioè deve essere costituito sulla base di criteri normativi che vengono formulati prima della commissione del reato, onde evitare che la scelta dell’organo giudicante avvenga su base soggettiva).
La precostituzione riguarda non solo gli uffici giudiziari ma anche la persona fisica (il giudice in carne e ossa) che in concreto è chiamato a svolgere l’attività giurisdizionale. Per quest’ultimo la precostituzione è garantita dalla legge di ordinamento giudiziario, la quale ha istituito apposite tabelle degli uffici giudiziari (con le quali vengono selezionati i giudici) e ha definito criteri precisi per la sostituzione dei giudici impediti.
La garanzia della precostituzione è esposta, tuttavia, al rischio della successione delle leggi nel tempo. Se una determinata disposizione normativa, che va a regolamentare la competenza o la giurisdizione dei giudici, viene sostituita; occorre stabilire quale disposizione debba essere applicata per la costituzione dei giudici.
1) La dottrina maggioritaria sostiene che la precostituzione debba avvenire applicando le norme vigenti al momento della commissione del reato. Solamente in questo modo può essere garantito con certezza il principio della precostituzione richiamato dall’art 25 della Costituzione.
2) La Corte Costituzionale, che in un primo momento aveva sposato le convinzioni della dottrina maggioritaria, ha successivamente modificato la propria posizione sostenendo che: “Il principio costituzionale della precostituzione, sancito dall’art 25, non deve considerarsi violato quando ai processi in corso si applicano le nuove normative sulla competenza o sulla giurisdizione. Lo scopo dell’art 25, infatti, è quello di garantire che il giudice venga designato attraverso criteri generali e non su base soggettiva”.
Questa interpretazione, avallata dalla maggior parte della giurisprudenza, ha finito per declassare il principio dell’articolo 25 della Costituzione da principio della precostituzione a semplice principio della “costituzione del giudice per legge”.
B) La naturalità: anche questo principio viene richiamato dall’articolo 25 della Costituzione. Esso è stato per lungo tempo sottovalutato, essendo considerato un sinonimo della
Questa interpretazione della naturalità deve, tuttavia, considerarsi errata. La naturalità, infatti, deve essere considerata una garanzia autonoma: il suo scopo, secondo la dottrina maggioritaria, è quello di garantire che il giudice sia naturalmente capace di cogliere i valori socio-culturali coinvolti nel processo.
Un tempo ciò implicava il collegamento del giudice con il luogo in cui è stato commesso il delitto (se il giudice abitava nella città in cui era commesso il reato, sicuramente era a conoscenza degli elementi necessari per comprendere a fondo le motivazioni che avevano spinto il reo a tenere la condotta imputata).
Oggi giorno la globalizzazione ha fatto cadere le barriere che separavano le diverse realtà, qualificando la naturalità come la capacità del giudice di cogliere i fattori culturali che hanno inciso sulla dinamica del reato (per questo motivo i fautori di questa interpretazione della naturalità, spingono per un maggiore utilizzo dei giudici popolari, opportunamente selezionati in base alla natura della causa e alla loro formazione e provenienza).
C) L’imparzialità: il giudice è imparziale quando risulta assolutamente distaccato rispetto all’oggetto del giudizio. Egli deve essere disinteressato al risultato finale del processo, non deve avere pregiudizi e deve essere privo di legami con le parti (quest’ultimo concetto è valido anche per il principio della terzietà). Da notare che l’imparzialità, la terzietà è l’indipendenza risultano strettamente connesse, così come precisato a più rispese dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Giustizia
D) La terzietà implica che il giudice rimanga assolutamente equidistante dalle Ciò richiede che egli sia estraneo sia alle funzioni dell’accusa che a quelle della difesa. Il requisito della terzietà, purtroppo, non viene garantito nel nostro ordinamento dal momento che il pubblico ministero e il giudice appartengono allo stesso ordine giudiziario. La terzietà potrà essere garantita solamente quando i due magistrati, appartenenti l’uno alla magistratura inquirente l’altro a quella giudicante, verranno inseriti in due ordinamenti giudiziari distinti.
E) L’indipendenza: essa viene considerata un requisito essenziale dell’imparzialità: un giudice, infatti, non può essere imparziale se non è anzitutto indipendente. L’indipendenza richiede la piena autonomia dagli altri poteri dello Stato (sancita con chiarezza dagli articoli 104 e 105 della Costituzione).
Il singolo giudice è autonomo anche nell’ordine giudiziario a cui appartiene (indipendenza organica interna), essendo inamovibile e non sussistendo gerarchie interne, ma solo distinzioni fondate sulle funzioni esercitate, (art. 107, co. 1 e 3 Cost) L’indipendenza funzionale viene garantita soprattutto nel momento decisorio, allorchè il giudice è soggetto soltanto alla legge con il conseguente divieto per chiunque, che sia interno od esterno all’ordinamento giudiziario, di interferire con l’attività del