Nel capo VII del libro I sono contemplate le ipotesi in cui il giudice ha l’obbligo di non esercitare la sua funzione giurisdizionale (astensione) e le parti hanno diritto di chiederne l’estromissione (ricusazione). Le cause di incompatibilità sono previste agli artt. 34 e 35, nonché negli artt. 18 e 19 ord. giud. Queste ultime attengono esclusivamente alla costituzione dell’organo giudicante e prefigurano alcune condizioni dirette ad assicurare che la persona chiamata ad esercitare la funzione giurisdizionale non solo sia , ma anche appaia imparziale, mentre il catalogo codicistico distingue tra incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio (art. 35) e incompatibilità dettata da atti compiuti nel procedimento, l’art. 34 contempla quattro diversi gruppi di situazioni:

a) il giudice ha pronunciato o concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non può esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, né partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento da parte della corte di cassazione o al giudizio per la revisione;

b) non può partecipare al giudizio il giudice che ha pronunciato il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna, né quello che ha deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere, pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare;

c) il giudice che in un determinato procedimento ha esercitato le funzioni di gip, non può in quello stesso procedimento emettere decreto penale di condanna, né partecipare al giudizio; inoltre è incompatibile alla funzione di giudice dell’udienza preliminare. È esclusa l’incompatibilità allorché il gip si sia limitao ad adottare taluno dei seguenti provvedimenti:

a’) provvedimento con cui si autorizza il trasferimento in un luogo esterno di cura dell’indagato sottoposto a custodia cautelare in carcere e quello con cui si autorizza il medesimo ad essere vistato da un sanitario di fiducia;

b’) i provvedimenti relativi ai permessi di colloquio, alla corrispondenza telefonica e al visto di controllo della corrispondenza concernenti l’indagato sottoposto a custodia cautelare in carcere;

c’) il provvedimento con cui si accoglie o rigetta la richiesta di un permesso di uscita dal carcere, in presenza dell’imminente pericolo di vita di un familiare o del convivente dell’indagato;

d’) il provvedimento con cui viene dichiarata la latitanza dell’indagato;

d) non può esercitare l’ufficio di giudice in un determinato procedimento chi, in quello stesso procedimento, ha esercitato funzioni di pm o ha svolto atti di polizia giudiziaria ovvero altro ruolo idoneo a comprometterne l’imparzialità. È perciò incompatibile all’ufficio di giudice chi ha proposto la notizia di reato e chi ha deliberato o ha concorso a deliberare l’autorizzazione a procedere.

Le cause di astensione e di ricusazione sono disciplinate unitariamente nella disposizione relativa all’astensione. Non si può però parlare di una totale coincidenza. Il catalogo contenuto dagli artt. 36 e 37 è tassativo. Ha obbligo di astenersi (e può essere ricusato) il giudice che abbia interesse nel procedimento; che sia tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero che sia prossimo congiunto del difensore, procuratore o curatore di una delle parti; che abbia dato consigli o manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie; che sia in un rapporto di grave inimicizia con una delle parti private. È ulteriormente previsto l’obbligo di astensione quando uno dei prossimi congiunti del giudice è offeso, danneggiato dal reato o parte privata; quando un prossimo congiunto svolge o ha svolto nel nello stesso procedimento le funzioni di pm; infine quando il giudice si trovi in una delle condizioni previste dagli art. 34 e 35 delle leggi di ordinamento giudiziario.

Per l’astensione è prevista la procedura semplificata di cui all’art. 36 comma 3, che prevede la presentazione della dichiarazione al presidente della corte o del tribunale che decide con decreto senza formalità di procedura; per la ricusazione invece si prevede presentazione nella cancelleria del giudice competente con deposito di copia nella cancelleria del giudice ricusato. Dalla presentazione della dichiarazione scatta il divieto per il giudice ricusato di pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza d’inammissibilità o di rigetto della dichiarazione stessa. L’art. 40 indica gli organi competenti a decidere sull’istanza di ricusazione e l’art. 41 i modi e i termini previsti per la presentazione.

Il tribunale o la corte dichiara inammissibile l’istanza di ricusazione per: mancanza di legittimazione soggettiva, inosservanza di forme e termini, manifesta infondatezza.

Superata invece la fase dell’ammissibilità, la corte decide in camera di consiglio sul merito della ricusazione con le forme dell’art. 127. L’unico divieto imposto dalla legge a carico del giudice ricusato è quello di pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione. Per la violazione del divieto la legge non stabilisce alcuna sanzione; è impossibile farne derivare una nullità assoluta. È solamente previsto che il giudice chiamato a decidere sull’astensione o sulla ricusazione il potere discrezionale di dichiarare, in caso di accoglimento dell’istanza, quali atti precedentemente adottati dal giudice astenutosi o ricusato conservino efficacia.

Tutte le ordinanze che si pronunciano sul merito, emesse dal giudice competente a decidere sulla ricusazione, sono immediatamente eseguibili.

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