Il giudice, per essere tale, deve essere diverso da ognuna delle parti (terzo) ed estraneo alla controversia oggetto del giudizio (imparziale). Il nostro ordinamento, per risolvere tale problema, fa riferimento agli istituti dell’astensione e della ricusazione del giudice.

Ai sensi dell’art. 51 il giudice deve astenersi dal giudicare in cinque casi (astensione obbligatoria):

  • se ha interesse diretto nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
  • se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
  • se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
  • se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa o ha deposto in essa come teste oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
  • se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti;
  • se è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione, di un comitato, di una società o di uno stabilimento che ha interesse nella causa.

Accanto a questi cinque casi tassativi, si ha poi un caso di astensione facoltativa: il giudice può (non deve) chiedere al capo dell’ufficio di essere autorizzato ad astenersi in ogni caso in cui sussistono gravi ragioni di convenienza (art. 51 co. 2).

Se il giudice, pur sussistendo gravi ragioni di convenienza, non chiede di potersi astenere non si hanno conseguenze. Al contrario, se il giudice, pur avendo l’obbligo di astenersi, non si astiene ciascuna parte può usufruire dell’istituto della ricusazione (art. 52 co. 1). La ricusazione, quindi, presenta un duplice presupposto:

  • uno dei casi di astensione obbligatoria di cui all’art. 51 co. 1;
  • la mancata astensione da parte del giudice.

L’istanza di ricusazione deve essere proposta in termini brevi: entro due giorni dall’udienza, se al ricusante è noto il nome dei giudici chiamati a decidere la causa, oppure prima dell’inizio della trattazione o della discussione nel caso opposto (art. 52 co. 2). Tale istanza determina l’immediata sospensione ipso iure del processo (co. 3). Sull’istanza di ricusazione (procedimento incidentale) decide il presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace o il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte. Sulla questione si decide con ordinanza inimpugnabile. In caso di rigetto dell’istanza, comunque, la questione può essere fatta valere impugnando la successiva sentenza (sentenza impugnabile). Presupposto essenziale per far valere in sede di impugnazione i motivi di ricusazione è la tempestiva proposta dell’istanza di ricusazione. In difetto di questa la mancata astensione non può essere fatta valere, salvo nel caso di cui all’art. 51 n. 1 (nemo iudex in causa propria), nel quale la sentenza è nulla anche se la parte non ha proposto istanza di ricusazione.

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