Il codice di procedura penale del 1988 è ispirato al modello accusatorio ed è possibile dividerlo in una parte statica (libri I-IV) e una dinamica (libri V-XI).

Il libro primo del nuovo codice si apre con un titolo dedicato al giudice, che sottolinea la centralità della giurisdizione nell’ambito di un processo concepito essenzialmente come un sistema di garanzie.

È opportuno distinguere tra soggetto e parte, riservando quest’ultima qualifica a chi vanta un diritto a una decisione giurisdizionale in rapporto a una pretesa fatta valere nel processo (quindi non sono parte né il giudice, né la polizia giudiziaria, né la persona offesa e il difensore).

In sintonia con l’art. 102 comma 1 Cost., l’art. 1 riserva l’esercizio della giurisdizione penale ai “giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario”: solo il giudice e non qualsiasi magistrato può essere titolare di funzioni penali.

L’art. 178 stabilisce che è sempre prescritta a pena di nullità (assoluta) l’osservanza delle disposizioni concernenti le capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario. L’art. 33 prevede che le condizioni di capacità del giudice e il numero di giudici necessario per costituire i collegi giudicanti sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario.

Non attengono alla capacità del giudice le disposizioni sulla sua destinazione agli uffici, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici.

Per quanto riguarda le disposizioni sulla destinazione del giudice all’ufficio, esse sono sicuramente riconducibili al concetto di capacità, va anzi detto che l’aver sancito l’irrilevanza della loro violazione fa sorgere l’interrogativo circa la consistenza di ciò che residua  una  volta  operata  la  sottrazione.  Rimane   invariata  la  forte  carica patologica   nella   situazione   del    soggetto    che    non    sia   investito    del   potere giurisdizionale: un vizio così forte da implicare l’inesistenza degli atti posti in essere da colui che in sostanza è un non-iudex. Prescindendo da questo caso limite, l’unico attributo rilevante ai fini di una eventuale incapacità del giudice sembra essere quello della qualifica richiesta per l’esercizio delle funzioni giudiziarie che è chiamato a svolgere.

Nemmeno l’attribuzione degli affari al giudice in composizione collegiale o monocratica è considerata attinente alla capacità del giudice né al numero dei giudici necessario per costituire l’organo giudicante.

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