I provvedimenti che applicano, modificano o revocano le misure cautelari possono essere impugnati attraverso tre strumenti di impugnazione:

  1. il riesame, ammesso di regola soltanto contro le ordinanze che applicano ab initio (per la prima volta) una misura coercitiva. Esso può essere richiesto esclusivamente dall’imputato o dal suo difensore (non dal pubblico ministero);
  2. l’appello, ammesso contro tutti gli altri provvedimenti in tema di misure cautelari personali. Esso può essere proposto dall’imputato, dal suo difensore o dal pubblico ministero.

L’organo competente a decidere sia sul riesame che sull’appello è il tribunale (composizione collegiale) del capoluogo del distretto di Corte di appello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura (art. 309 co. 7) (cosiddetto tribunale della libertà).

  1. il ricorso in cassazione, ammesso di regola contro le decisioni emesse in sede di riesame e di appello. Eccezionalmente tale ricorso è consentito, in alternativa al riesame, contro l’ordinanza che applica una misura coercitiva per la prima volta (ricorso per saltum)

Il procedimento relativo al singolo mezzo di impugnazione si svolge in modo autonomo rispetto al procedimento penale: l’impugnazione contro una misura cautelare costituisce un procedimento incidentale, che si sviluppa parallelamente allo svolgersi del procedimento. La caratteristica comune ai tre mezzi di impugnazione sta nel fatto che essi non hanno efficacia sospensiva sul provvedimento che limita la libertà personale.

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