Il p.m. è un organo frazionato in tanti uffici, ciascuno dei quali svolge le proprie funzioni dinanzi all’ organo giurisdizionale presso cui è costituito. Nell’ attuale ordinamento (art. 51 c.p.p.) gli uffici del p.m. risultano così strutturati:

• presso il tribunale ordinario, titolare dell’ ufficio del p.m. è il procuratore della Repubblica, coadiuvato da sostituti procuratori e da vice-procuratori onorari (è bene precisare, al riguardo, che il procuratore della Repubblica presso il tribunale agisce anche per i reati di competenza della Corte d’ assise e del giudice di pace; presso il tribunale per i minorenni titolare dell’ ufficio del p.m. è, invece, un apposito procuratore della Repubblica);

• presso la Corte d’ appello, titolare dell’ ufficio del p.m. è il procuratore generale, coadiuvato da avvocati generali e da sostituti procuratori generali (il procuratore generale agisce, ovviamente, anche dinanzi alla Corte d’ assise d’ appello e dinanzi alla sezione della Corte d’ appello per i minorenni);

• presso la Corte di cassazione, titolare dell’ ufficio del p.m. è il procuratore generale, coadiuvato da avvocati generali e da sostituti procuratori generali.

Per quel che riguarda, invece, le giurisdizioni speciali:

• presso il tribunale militare, titolare dell’ ufficio del p.m. è il procuratore militare della Repubblica;

• presso la Corte militare d’ appello, titolare dell’ ufficio del p.m. è il procuratore generale militare;

• presso la Corte costituzionale (quando è chiamata a giudicare il Presidente della Repubblica per i reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione), l’ ufficio del p.m. è costituito da uno o più commissari eletti dal Parlamento, anche tra i propri componenti.

Regole particolari sono state, invece, dettate in relazione ai reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, di sequestro di persona a scopo di estorsione e di associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti: la trattazione dei procedimenti relativi a questi reati è, infatti, sempre affidata al cd. procuratore distrettuale, ossia al p.m. istituito presso il tribunale del capoluogo del distretto di Corte di appello in cui ha sede il giudice competente (così, ad es., per un reato di associazione camorristica commesso a Nola, sede di tribunale, il p.m. che deve procedere non è quello di Nola, come dovrebbe essere secondo la regola generale, ma quello di Napoli, capoluogo del distretto, al quale fa capo Nola). Il procuratore distrettuale, all’ interno del proprio ufficio di procura, costituisce la cd. direzione distrettuale antimafia e designa il gruppo (pool) di magistrati che devono farne parte. Per i medesimi reati è istituita, nell’ ambito della procura generale presso la Corte di cassazione (a Roma) la cd. direzione nazionale antimafia, alla quale è preposto il procuratore nazionale antimafia, coadiuvato da procuratori aggiunti e da sostituti procuratori.

Ogni ufficio del p.m. è, quindi, diretto da un titolare (il cd. procuratore-capo), il quale ne organizza l’ attività; è necessario sottolineare, però, che egli normalmente delega le funzioni che la legge gli conferisce ad altri magistrati (i cd. sostituti procuratori), attraverso un atto di assegnazione; con tale atto, il procuratore-capo determina i criteri ai quali il sostituto deve attenersi nell’ esercizio dell’ attività di indagine (qualora tali criteri vengano violati, il procuratore potrà revocare l’ atto di assegnazione).

Il potere direttivo del titolare si attenua, però, dopo l’ esercizio dell’ azione penale (vale a dire, quando il sostituto si trova in udienza, preliminare o dibattimentale): in questi casi, infatti, il sostituto esercita le sue funzioni con piena autonomia (art. 53 c.p.p.) ed il procuratore potrà provvedere alla sostituzione solo se vi sia il consenso dell’ interessato ovvero nel caso in cui ricorra un grave impedimento (ad es., precario stato di salute) o altre particolari esigenze (ad es., gravi impegni professionali) ovvero ancora qualora ricorra una delle cause elencate nell’ art. 36 lett. a), b), d), e) c.p.p.

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