Il pubblico ministero può essere definito come quel complesso di uffici pubblici che rappresentano nel procedimento penale l’interesse dello Stato alla repressione dei reati. Tale pubblico ministero non rappresenta un organo unitario, ma è frazionato in vari uffici, ciascuno dei quali svolge le sue funzioni, di regola, soltanto davanti all’organo giudiziario presso cui è costituito (art. 51 co. 3).

Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate da:

  • l’ufficio della procura della Repubblica presso il tribunale, per le indagini preliminari e per i procedimenti di primo grado di competenza del tribunale, della Corte d’assise e del giudice di pace (art. 51 co. 1 lett. a);
  • l’ufficio della procura della Repubblica presso il tribunale dei minori;
  • l’ufficio della procura generale presso la Corte di appello per i giudizi di impugnazione dei magistrati (lett. b);
  • l’ufficio della procura generale presso la Corte di Cassazione, per i giudizi di impugnazione dei magistrati (lett. b);

Le funzioni del pubblico ministero, in particolare, consistono:

  • vegliare sull’osservanza delle leggi, sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia e sulla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci (art. 73 ord. giud.);
  • promuove la repressione dei reati (art. 73 ord. giud.);
  • esercita l’azione penale (art. 50 co. 1);
  • far eseguire i giudicati ed ogni altro provvedimento del giudice (art. 73 ord. giud.).

Il pubblico ministero, in sintesi, rappresenta l’interesse generale dello Stato, inteso però non come soggetto ma come comunità: qualora lo Stato decida di prender parte al processo come persona, infatti, esso viene assistito dall’avvocatura di Stato.

Per ricostruire lo status del pubblico ministero occorre rimandare ad alcuni disposti costituzionali:

  • nomina attraverso il concorso pubblico (art. 106 Cost.);
  • piena indipendenza (art. 107 Cost.);
  • inamovibilità nel grado e nella sede (art. 107 Cost.);
  • subordinazione alla giurisdizione del CSM;
  • soggezione alla legge, elemento questo che deriva dall’obbligo di esercitare l’azione penale.

Rapporti con il potere politico.

Per comprendere il valore della scelta operata dalla nostra Costituzione è necessario analizzare varie esperienze. Dobbiamo innanzitutto tenere distinte le soluzioni escogitate nei sistemi totalitari, ove il pubblico ministero si presenta come diretta espressione del potere politico, da quelle proprie dei sistemi garantisti, ove questi può essere rappresentante:

  • della società, caso in cui si ha una figura di tipo elettivo (es. USA);
  • del potere esecutivo, caso in cui si ha una figura assimilabile a quella del funzionario statale;
  • della legge, come nel nostro ordinamento: la reazione al totalitarismo fascista, infatti, richiede la piena indipendenza del pubblico ministero sia dal mondo politico sia da quello partitico.

Rapporti interni agli uffici.

I rapporti gerarchici interni all’ufficio del pubblico ministero devono contemperare due esigenze:

  • la garanzia della posizione di indipendenza del pubblico ministero;
  • la garanzia del buon funzionamento dell’ufficio della pubblica accusa.

A partire dal 1988, l’assetto organizzativo ha subito varie modifiche. In passato esisteva un sistema classificabile come personalizzazione delle funzioni, sulla base del quale il titolare dell’ufficio designava il magistrato attraverso un sistema tabellare automatico. Questi avrebbe operato in maniera quasi totalmente autonoma, dal momento che al procuratore era possibile solamente impartire direttive di carattere generale. In linea con tale autonomia, il potere di revoca previsto era molto poco incidente, essendo esercitabile solamente in determinati casi tassativi.

Attualmente (l. n. 269 del 2006) esiste un nuovo sistema c.d. di gerarchia attenuata, sulla base del quale l’assegnazione da parte del procuratore può anche essere nominativa. Tale sistema, in altre parole, non prevede una designazione, quanto piuttosto un’assegnazione, la cui natura giuridica consiste nel conferire poteri operativi con limitata autonomia funzionale. Per quanto attiene alla revoca, si passa da un sistema tassativo ad uno in cui l’assegnazione può essere revocata in caso di contrasto tra il magistrato ed il procuratore. Il magistrato, tuttavia, torna ad essere autonomo in seno all’udienza (art. 53 co. 1) ed il potere di sostituzione viene limitato alle ipotesi di grave inadempimento, di rilevanti esigenze di servizio e a quelle previste in materia di astensione (co. 2). In caso di inerzia del capo dell’ufficio, alla sostituzione provvede il procuratore generale presso la Corte di appello (co. 3).

Il rapporto gerarchico tra procuratore e magistrato si nota in altre due circostanze:

  • obbligatorietà della richiesta al procuratore per la disposizione di misure cautelari e fermi;
  • divieto dei singoli magistrati di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l’attività giudiziaria dell’ufficio.

Rapporti tra gli uffici.

Il legislatore del 1988 ha stabilito che le funzioni di pubblico ministero sono attribuite a norma della disciplina sull’attribuzione della competenza (art. 51 co. 3). Sebbene da questo si deduca l’inesistenza di un potere generale di sovraordinazione tra ufficio superiore e ufficio inferiore, tuttavia, il primo conserva dei poteri di sorveglianza:

  • il procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha il potere:
    • di iniziare l’azione disciplinare contro un qualsiasi magistrato;
    • di risolvere un contrasto (negativo o positivo) tra uffici del pubblico ministero appartenenti a diversi distretti di Corte di appello;
  • il procuratore generale presso la Corte di appello ha il potere:
    • di sorvegliare nelle ipotesi di contrasto (negativo o positivo) tra uffici;
    • di avocare a sé un singolo affare nei casi tassativamente previsti dalla legge;
    • di acquisire dati e notizie dalle procure della Repubblica del distretto;
    • di inviare alla procura generale presso la Corte di cassazione una relazione annuale;
    • di sostituirsi nelle funzioni del procuratore della Repubblica presso il tribunale, qualora quest’ultimo ometta un’attività doverosa oppure qualora il procedimento penale rischi una stasi per l’inerzia del magistrato del pubblico ministero (potere di avocazione).

Astensione.

Analizzare l’istituto dell’astensione permette di mettere in evidenza la differenza che sussiste tra la magistratura requirente e quella giudicante. Il magistrato del pubblico ministero, a differenza del giudice, ha l’obbligo di astenersi non qualora appaia parziale, essendolo per sua stessa natura, quanto piuttosto quando esistano gravi ragioni di convenienza.

Il legislatore dispone che tale magistrato <<ha la facoltà di astenersi>> (art. 52 co. 1), ma il termine utilizzato è chiaramente erroneo, come possiamo mutuare anche dall’art. 53 co. 2. Il capo dell’ufficio, in particolare, è tenuto alla sostituzione del pubblico ministero ogni qual volta questi abbia interessi privati nel procedimento, ossia:

  • qualora abbia interesse nel procedimento o qualora una delle parti private o un difensore sia debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;
  • qualora sia tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private oppure se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge, anche dopo l’annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio;
  • qualora vi sia inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;
  • qualora uno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge sia offeso o danneggiato dal reato o parte privata, anche dopo l’annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

L’obbligatorietà dell’astensione è confermata dal fatto che il CSM conserva il potere di sanzionare una sua eventuale violazione quale illecito disciplinare.

Dovere di lealtà processuale.

Il pubblico ministero, oltre a dover essere distinto dal magistrato giudicante, deve essere necessariamente separato anche dalle parti private. Mentre queste curano un interesse privato, infatti, quello cura un interesse pubblico, elemento questo da cui deriva il suo obbligo di lealtà processuale. Tale obbligo, in particolare, comporta che il pubblico ministero:

  • non deve limitarsi a cercare prove favorevoli all’accusa;
  • deve svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini (art. 358).
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