Nel quadro della sostituzione processuale va inserita l’attività del P.M. il quale secondo il legislatore doveva assolvere ad una duplice funzione e cioè:

1) non lasciare ai privati il monopolio esclusivo di agire in giudizio quando si tratti di questioni che interessino non solo le parti ma anche la collettività

2) fare salvi in questi casi il principio della domanda evitando che l’iniziativa processuale possa essere affidata al giudice il quale deve essere terzo anche formalmente

Pur essendo un funzionario dell’amministrazione statale inserito nell’ordine giudiziario al fine di distinguere la funzione giudicante da quella inquirente non vi è dubbio che nei processi il P.M. assume la veste di parte e agisce come parte essendo destinato a tutelare gli interessi della collettività. Poiché tuttavia si ha l’intromissione nel processo di una parte alla quale il legislatore riconosce una legittimazione straordinaria non può non valere lo stesso principio di tassatività che è alla base delle ipotesi di sostituzione processuale. Gli art 69 e ss. c.p.c. infatti rinviano alla legge i casi in cui il P.M. può assumere l’iniziativa processuale. Poiché tuttavia tale iniziativa rientra nell’ambito di una pubblica funzione da quanto detto ne deriva di conseguenza che quando il P.M. venga a conoscenza di fatti che integrano una delle ipotesi in cui egli può proporre domanda giudiziale egli è obbligato a proporla. Allo stesso modo quando il P.M. venga a conoscenza di un processo nel quale è obbligatorio il suo intervento egli verrebbe meno al suo dovere funzionale se non vi prendesse parte. Da quanto esposto ne deriva che ci troviamo di fronte a due situazioni

1) quella in cui il P.M. deve proporre domanda giudiziale dando vita al processo

2) quella in cui il P.M. deve prendere parte ad un processo già iniziato da altri

Come è evidente nella prima ipotesi egli svolge una funzione prevalentemente propulsiva mentre nella seconda finisce con l’esercitare soprattutto una funzione di controllo. Naturalmente sarà la legge a stabilire i casi in cui il P.M. debba azionarsi e quelli in cui debba solo intervenire. Fuori da queste ipotesi tassativamente previste la legge riconosce al P.M. la possibilità di intervenire ogni qualvolta ritenga opportuna la sua partecipazione per salvaguardare un pubblico interesse. In definitiva gli art 69 e 70 c.p.c. individuano tre diverse posizioni del P.M. e cioè:

1) quella in cui egli può e deve intervenire in veste di attore

2) quella in cui egli deve partecipare al processo come interventore

3) quella in cui egli può decidere di intervenirvi

Il settore nel quale è più facile rinvenire ipotesi di azione del P.M. è quello della disciplina della famiglia e dello stato e della capacità delle persone. Si pensi ad es. al potere d’iniziativa del P.M. di far dichiarare l’interdizione o l’inabilitazione, al potere di chiedere la nomina del curatore dello scomparso o la dichiarazione di morte presunta, al potere di chiedere lo stato di adottabilità, al potere di impugnare il matrimonio tra parenti o tra minori etc. etc. Per quanto riguarda invece i casi in cui è sufficiente che il P.M. intervenga va detto che la legge ha individuato intere classi di giudizi non essendo necessaria un’elencazione analitica come quando si deve riconoscere una legittimazione straordinaria e precisamente:

1) giudizi riguardanti cause che il P.M. avrebbe dovuto iniziare

2) giudizi riguardanti cause matrimoniali comprese quelle di separazione personale dei coniugi

3) giudizi riguardanti cause sullo stato e la capacità delle persone

4) giudizi riguardanti gli altri casi previsti dalla legge (ad es. la querela di falso e la delibazione delle sentenze straniere)

5) giudizi riguardanti cause che si svolgono davanti alla corte di cassazione

Ci si è chiesti quale sia la posizione processuale del P.M. Al riguardo bisogna distinguere il caso in cui il P.M. ha il potere d’azione (cosiddetto P.M. agente) dal caso in cui il P.M. può solo intervenire (cosiddetto P.M. interveniente). Nel primo caso il P.M. ha tutti i poteri processuali che spettano alle parti e li esercita nelle forme stabilite dalla legge per quest’ultime. Tali poteri spettano al P.M. anche quando interviene nelle cause che avrebbe dovuto iniziare. Occorre rilevare che nella prassi vi è una resistenza a dedurre da tale principio tutte le conseguenze in considerazione della natura sui generis di parte del P.M. che ha la funzione di tutelare un pubblico interesse ad es. si ritiene che il P.M. non possa essere condannato al pagamento delle spese processuali. Negli altri casi di intervento ed eccezion fatta per le cause davanti alla corte di cassazione invece il P.M. può introdurre documenti, produrre prove e prendere conclusioni nei limiti delle domande formulate dalle parti (art.72 c.p.c.). In sostanza si può dire che il P.M. può svolgere solo un’attività asseverativa e non anche un’attività assertiva essendo questa collegata al potere delle parti di fissare il tema decidendum. A questa regola generale derogano i due commi successivi dell’art 72 c.p.c. che riconoscono al P.M. il potere di impugnare le sentenze relative a cause matrimoniali e quelle di delibazione di sentenze straniere aventi lo stesso oggetto. Il potere d’impugnazione infatti è collegato al potere d’azione e non dovrebbe essere riconosciuto al P.M. se non in quelle cause matrimoniali in cui egli deve proporre la domanda giudiziale. In realtà tale potere che fu riconosciuto nel 1950 aveva lo scopo di consentire l’impugnazione non solo al P.M. del giudice che aveva pronunciato la sentenza ma anche a quello presso il giudice dell’impugnazione dato che in quegli anni il matrimonio era considerato come un vincolo indissolubile da salvaguardare da quelle sentenze di annullamento che largheggiavano nella prassi. Poiché tuttavia il termine per l’impugnazione decorre dalla comunicazione della sentenza alle sole parti costituite e cioè al solo P.M. presso il tribunale o corte giudicante la giurisprudenza ha cercato di risolvere il problema facendo obbligo alla cancelleria di comunicare la sentenza anche al P.M. presso il giudice dell’impugnazione. In ogni caso va chiarito che attualmente è molto difficile che si abbia un’applicazione pratica di tali disposizioni essendovi oggi la legge sul divorzio. Per concludere va chiarito che:

1) quando il P.M. sia stato regolarmente citato si applicano le preclusioni previste dalla legge per le parti concernenti la costituzione in giudizio e le deduzioni istruttorie

2) quando il P.M. sia parte necessaria e non sia stato citato le preclusioni non si applicano se egli interviene spontaneamente mentre se è chiamato dal giudice si applicano le norme sul litisconsorzio necessario e sulla chiamata in causa del terzo

3) quando il P.M. non sia parte necessaria egli può intervenire fino a che non siano precisate le conclusioni ma deve accettare la lite nello stato in cui si trova

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