L’altro mezzo che il legislatore ha a disposizione per dare ordine al processo è il termine. Per descriverne la funzione si può fare un paragone con le giunture o gli snodi i quali tengono collegati i vari elementi e al tempo stesso ne consentono l’articolazione. La funzione del termine infatti è duplice e cioè:

1) mantenere le attività processuali sufficientemente concentrate

2) offrire ai soggetti processuali uno spazium temporis sufficiente per poter adeguatamente compiere gli atti di loro pertinenza

Quando prevale la prima funzione il termine si dice acceleratorio o finale ed è congegnato in modo che l’attività processuale non può più compiersi oltre un determinato momento. Quando invece prevale la seconda funzione il termine si dice dilatorio ed è congegnato in modo che l’attività processuale non può compiersi prima di un determinato momento. Nel primo caso l’inutile decorso del termine comporta una decadenza mentre nel secondo caso l’intempestivo compimento dell’atto comporta la irricevibilità dello stesso. Come es. di termine finale può essere ricordato quello previsto per l’integrazione del contraddittorio o quello oltre il quale il precetto perde efficacia mentre come es. di termine dilatorio può essere ricordato quello previsto per la comparizione delle parti o quello prima del quale no si può compiere il pignoramento. Occorre rilevare che i termini finali si distinguono in:

a) perentori i quali sono stabiliti a pena di decadenza con la conseguenza che l’attività processuale compiuta dopo la loro scadenza

è nulla

2) ordinatori i quali possono essere prorogati per una durata non superiore a quella originaria e per motivi particolari anche una seconda volta purchè il provvedimento di proroga sia anteriore alla scadenza. L’eventuale compimento dell’atto dopo la scadenza del termine o della proroga da luogo ad una nullità relativa rilevabile su eccezione di parte

Va anche precisato che vi sono dei termini alla cui inosservanza la legge non collega alcuna decadenza ma solo delle conseguenze minori come ad es. un maggior carico di spese (cosiddetti Termini comminatori) nonché termini alla cui inosservanza non è collegata alcuna sanzione (cosiddetti Termini canzonatori). La legge detta una disposizione analitica per ciò che riguarda il computo dei termini e cioè l’art. 155 c.p.c. Quando nei casi espressamente previsti dalla legge non si tiene conto né del giorno iniziale né di quello finale il termine si dice libero.

Occorre chiarire che è riservato alla legge stabilire in quale caso il termine sia perentorio e che il giudice può solo fissare la durata del termine perentorio ma non anche stabilire che esso sia perentorio. A proposito dei termini vale anche la pena di ricordare un D.Lg. del 48 che attribuisce al Ministro di Grazia e Giustizia il potere di prorogare di 15 giorni i termini di decadenza per il compimento di atti presso gli uffici giudiziari qualora quest’ultimi non siano in grado di funzionare regolarmente per eventi di carattere eccezionale nonché la legge del 69 n.742 che disciplina la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale la quale ha sollevato numerosi problemi sia per quanto riguarda le procedure a cui sarebbe applicabile (in particolare è incerto se si applichi anche ai procedimenti speciali) sia per quanto riguarda le eccezioni da essa previste (si tratta della cosiddetta Legge che disciplina le ferie degli avvocati).

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