La parte civile va collocata tra le parti eventuali, il suo intervento mira ad ottenere le restituzioni o il risarcimento del danno ricollegabili al reato oggetto di accertamento in sede penale. L’art. 74 prevede che sia legittimato all’azione civile il soggetto che mira alle restituzioni o al risarcimento del danno cagionato dal reato, o i suoi successori universali. Il danneggiato (che non necessariamente coincide con l’offeso) può costituirsi parte civile anche per mezzo di un procuratore speciale. Una volta costituitosi partecipa al processo in tutti i suoi gradi senza dover prendere altra iniziativa. Qualora sia carente la capacità processuale del danneggiato, costui deve essere rappresentato assistito o autorizzato nelle forme prescritte per l’esercizio delle azioni civili.

L’art. 77 prevede due correttivi: se manchi la persona cui spetta la rappresentanza o l’assistenza e ci sono ragioni di urgenza o conflitto di interessi tra danneggiato e chi lo rappresenta, il pm può chiedere al giudice di nominare un curatore speciale; in caso di assoluta urgenza l’azione civile nell’interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per minore età può essere esercitata direttamente dal pm finchè non subentri il legale rappresentante o il curatore speciale.

La parte civile comunque può stare in giudizio solo con il ministero di un difensore munito di procura speciale, e ai fini di una regolare costituzione occorre osservare l’art. 78: unitamente alla procura, deve essere depositata nella cancelleria del giudice procedente, o sia presentata in udienza, una dichiarazione contenente a pena di inammissibilità gli elementi indicati nell’art. 78 comma 1 lett. a-e. Se la dichiarazione non è presentata in udienza, occorre anche che la stessa venga notificata al pm e all’imputato. L’art. 79 stabilisce un termine iniziale e uno finale per la costituzione: il primo prevede che la stessa debba avvenire per l’udienza preliminare.

Ne consegue che nel corso delle indagini preliminari resta esclusa la partecipazione del danneggiato, che solo se riveste la qualifica di offeso può avvalersi dei diritti e delle facoltà riconosciute a quest’ultimo. Quanto al termine finale, previsto a pena di decadenza, esso coincide con l’effettuazione da parte del giudice dibattimentale di primo grado degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti. Se la costituzione avviene in extremis la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici.

La parte civile può essere esclusa dal processo penale in conseguenza di una richiesta del pm, dell’imputato e del responsabile civile. Relativamente a tale richiesta il giudice è tenuto a pronunciarsi senza ritardo con ordinanza.

Anche la richiesta di esclusione è soggetta a termini perentori: se la parte civile si è costituita per l’udienza preliminare, la richiesta di esclusione va effettuata prima che siano terminati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; se invece si è costituita nella fase degli atti preliminari al dibattimento o nel corso degli atti introduttivi al medesimo, la richiesta di esclusione deve essere avanzata in sede di trattazione delle questioni preliminari di cui all’art. 491 comma 1. È possibile anche una esclusione ex officio da parte del giudice finché non sia stato aperto il dibattimento di primo grado.

Si può anche verificare uno spontaneo recesso del danneggiato che revoca (espressamente o tacitamente) la costituzione di parte civile. La revoca espressa può avere luogo in ogni stato e grado del procedimento e riguardare solamente taluno degli imputati, occorre una apposita dichiarazione, resa personalmente o per mezzo di un procuratore speciale; tale dichiarazione può assumere forma scritta (che va depositato nella cancelleria del giudice procedente e notificato alle altre parti) o orale (se fatta in udienza). Le ipotesi di revoca tacita, o meglio presunta, sono invece tassativamente indicate dall’art. 82 comma 2. La revoca non preclude il successivo esercizio dell’azione aquiliana in sede propria.

I rapporti tra azione civile da reato e azione penale

L’art. 75 comma 1 disciplina la trasferibilità nel processo penale che il danneggiato dal reato abbia promosso davanti al giudice civile. Il trasferimento è subordinato a due condizioni che riguardano rispettivamente lo stadio di progressione del giudizio a quo e quello del giudizio ad quem.

Il cambiamento di sede processuale comporta l’estinzione del giudizio civile per rinuncia agli atti e la conseguente devoluzione al giudice penale della decisione sulle spese afferenti al processo civile interrotto.

Se l’azione non viene trasferita e nel processo penale si arriva a sentenza irrevocabile di condanna, il danneggiato può utilizzare il giudicato penale in sede civile, ma non potrebbe però avvenire il contrario, poiché è esclusa l’efficacia di giudicato della sentenza assolutoria.

Solo in via di eccezione alla regola, l’art. 75 comma 3 detta una disciplina che ricalca quella del codice previdente, disponendo che il processo civile rimanga sospeso in attesa del giudicato penale qualora l’azione sia stata proposta in sede civile dopo la sentenza penale di primo grado o dopo la precedente costituzione di parte civile nel processo penale. L’art. 75 fa salve le eccezioni previste dalla legge, con la conseguenza che il giudizio civile prosegue senza interruzioni quando:

a) il processo penale è stato sospeso per incapacità dell’imputato;

b) vi è stata esclusione della parte civile ai sensi degli artt. 80 e 81;

c) la parte civile ha abbandonato il processo penale in seguito alla sua mancata accettazione del rito abbreviato;

d) l’esodo della parte civile consegue alla pronuncia di una sentenza di patteggiamento;

e) il danneggiato, già costituitosi parte civile, esercita l’azione civile in sede propria dopo che il giudice penale ha dichiarato estinto il reato per intervenuta oblazione.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento