Adesso è stata abrogata l’udienza di prima comparizione, si prevede un’unica prima udienza di comparizione e di trattazione. La conseguenza è che non vi è più la possibilità di chiedere né lo scambio di comparse ulteriori rispetto agli atti introduttivi ex art. 170 c.p.c. né la memoria ex art. 180.2 c.p.c.

Nell’art. 167.2 c.p.c. si è anticipato il termine per proporre le domande riconvenzionali e le eccezioni processuali di merito a pena di decadenza: il termine di preclusione è stato anticipato al momento del deposito della comparsa di risposta tempestivamente depositata.

Il primo comma dell’art. 183 c.p.c. prevede che in questa prima udienza avvengano quei controlli che erano previsti nel vecchio art. 180.1 c.p.c. (tutte quelle attività dirette a verificare la regolarità del contraddittorio). La prima attività svolta in questa prima udienza corrisponde perfettamente a quella precedentemente svolta nella udienza di prima comparizione.

Eliminare un’udienza vuol dire eliminare una parte della durata del processo (lo scopo di questa riforma è stato quello di accelerare il processo eliminando le udienze). Prima per arrivare all’assunzione dei mezzi di prova servivano 5 udienze, adesso questo avviene nella seconda udienza (per via giurisprudenziale si è però introdotta una terza udienza).

Il secondo comma dell’art. 183 c.p.c. prevede che se vengono adottati questi provvedimenti bisognerà fissare una nuova prima udienza per la trattazione.

Il terzo comma dell’art. 183 c.p.c. prevede il tentativo di conciliazione, non è più previsto quell’onere per le parti di comparire personalmente e la seguente possibilità del giudice di trarre argomenti di prova in caso di mancata comparizione. Il tentativo di conciliazione adesso deve essere svolto solo se vi è l’istanza congiunta delle parti (se però le parti fanno istanza congiunta avranno già raggiunto un accordo e quindi non andranno in udienza).

Si prevede sempre poi la possibilità per la parte di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, che non è il difensore tecnico (tale potere deve essere sempre conferito da atto pubblico o scrittura privata autenticata, l’autenticazione però può provenire anche dallo stesso difensore della parte).

Nel quarto comma si prevedono gli stessi poteri che vi erano nel vecchio 183.3 c.p.c.: potere di chiedere chiarimenti necessari sulla base dei fatti allegati e il potere di indicare le questioni rilevabili d’ufficio delle quali si ritiene opportuna la trattazione. Qualora il giudice ritenga di dare una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti, il che può comportare un mutamento della propria strategia difensiva, ha l’obbligo di indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio, quindi anche la diversa qualificazione giuridica della fattispecie (è un interpretazione della Cassazione).

Il quinto comma dell’attuale art. 183 c.p.c. prevede esattamente gli stessi poteri del vecchio quarto comma: potere dell’attore di proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale dell’eccezione proposta dal convenuto, potere di chiamare in causa un terzo, potere di precisare e modificare le domande e le eccezioni.

Il sesto comma prevede che il giudice debba concedere, se richiesto, tre termini per il deposito di tre memorie (in queste vengono svolte le stesse attività che erano svolte nelle quattro memorie):

–          La prima memoria è una memoria di pura trattazione (corrisponde a quella del vecchio quinto comma);
–          La seconda memoria comprende l’attività che veniva fatta nella seconda memoria ex art. 183.5 c.p.c. e nella prima memoria ex art. 184 c.p.c. (è stato eliminato però il termine “nuovi”);
–          La terza memoria è dedicata esclusivamente alla prova contraria (come era la seconda memoria del vecchio art. 184 c.p.c.).
Il legislatore ha voluto compattare le attività prima svolte in tre udienze in un’unica udienza.

Il settimo comma prevede che, salva la possibilità della rimessione della causa al collegio, il giudice ammette i mezzi di prova fissando l’udienza di cui all’art. 184 c.p.c. (si prevede che il giudice istruttore disponga subito sull’ammissione dei mezzi di prova). Così si hanno solo due udienze per arrivare all’assunzione dei mezzi di prova.

Sulla locuzione “ordinanza emanata fuori udienza” è sorto un indirizzo giurisprudenziale che ha introdotto una terza udienza che si pone a metà tra la prima udienza di trattazione e l’udienza di assunzione di prove. La giurisprudenza ha detto che qui si prevede che si possa provvedere sia con ordinanza fissata fuori udienza, sia con ordinanza pronunciata in udienza, quindi ha ritenuto che sia legittimo per il giudice fissare udienza apposita per discutere dell’ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova. Altri affermano invece che questo comma prevedeva semplicemente che se le parti non chiedessero i termini per il deposito delle memorie ex art. 183.6 c.p.c., allora il giudice poteva decidere direttamente all’udienza sull’ammissibilità dei mezzi di prova richiesti con gli atti introduttivi; se invece venivano chiesti i termini per le memorie ex art. 183.6 c.p.c., essendoci nuovi mezzi di prova, allora il giudice doveva decidere sulla loro ammissibilità con un’ordinanza fissata fuori udienza. Il primo orientamento si è affermato perché è importante e utile discutere sull’ammissibilità dei mezzi di prova: una volta che il giudice abbia ammesso o meno un mezzo di prova si può già capire come la causa vada a finire.

L’ottavo comma prevede che il giudice possa disporre dei mezzi istruttori d’ufficio. Prima si prevedeva che nel caso che venissero disposti mezzi di prova d’ufficio, il giudice dovesse fissare un termine alle parti per chiedere a loro volta mezzi di prova che fossero necessari in relazione a quelli disposti d’ufficio.
Adesso si è previsto che il giudice debba concedere due termini per dedurre mezzi di prova che si rendano necessari in relazione ai mezzi di prova disposti d’ufficio, e poi per depositare una memoria di replica ai mezzi di prova chiesti dall’avversario.

Il nono comma concede al giudice il potere di disporre, con l’ordinanza che ammette i mezzi di prova, l’interrogatorio libero delle parti (è un potere che comunque il giudice avrebbe ex art. 117 c.p.c.).
L’interrogatorio libero, disposto dopo che vengano ammessi mezzi di prova, avrebbe senso solo ove vi è la possibilità di conciliare le parti in udienza. È un tentativo di conciliazione che presupporrebbe istanza congiunta delle parti.

Sistema di preclusioni post Legge N. 69/’09

È stato apparentemente abrogato l’art. 184 bis c.p.c. Questo riguardava la rimessione in termini che poteva essere richiesta dalla parte che era incorsa in decadenze a lei non imputabili. Quest’articolo, se interpretato con buon senso, poteva avere un rilievo generale, invece la giurisprudenza ha escluso la sua applicabilità in appello. Il legislatore l’ha quindi abrogato spostando la rimessione in termini nella parte generale che si applica in tutti i procedimenti (art. 153 c.p.c.).

Il tentativo del legislatore di ridurre la durate dal processo è però fallito. Le parti sono soggette a termini abbastanza stretti, ma poi questi sono solo ordinatori per i giudici (sono perentori solo per gli avvocati).

 

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