L’aggettivo pregiudiziale fa riferimento alla circostanza che il giudice deve conoscere la questione prima di statuire sull’esistenza o meno del diritto fatto valere in giudizio. Rispetto alle questioni pregiudiziali di merito, le questioni di rito sono a loro volta pregiudiziali, in quanto attengono alla valida instaurazione e prosecuzione del processo (es. competenza del giudice), in mancanza della quale il giudice non può pronunciarsi sul merito della domanda. L’art. 187 co. 2 e 3, attinente ad entrambe le questioni, descrive la situazione in cui si trova l’istruttore:

  • qualora presuma che la questione sarà concretamente risolta nel senso di definire il giudizio, opterà per l’immediata rimessione della causa al collegio;
  • qualora reputi che la questione in concreto sarà risolta nel senso di non definire il giudizio, procederà all’istruzione dei fatti controversi e solo in seguito disporrà il passaggio del processo in fase decisoria.

Il legislatore con l’espressione questioni preliminari di merito ha inteso fare riferimento ad ogni questione rilevante ai fini dell’esistenza del diritto, ricomprendendo in tale termine sia le questioni pregiudiziali di merito relative a fatti-diritti ex art. 34 sia le questioni di merito attinenti a meri fatti, mentre usa il termine pregiudiziale per le sole questioni di rito. Questa diversa utilizzazione dei termini rispetto all’art. 34 è una logica conseguenza del fatto che quest’ultimo riguarda unicamente le questioni che possono costituire oggetto di giudicato, mentre gli artt. 187 e 279 hanno un ambito di applicazione assai più ampio.

La questione pregiudiziale che ex art. 187 co. 2 e 3 può comportare una rimessione anticipata al collegio deve avere l’astratta idoneità a definire il giudizio:

  • le questioni pregiudiziali di merito, attinenti all’esistenza dei fatti costitutivi, impeditivi, modificativi ed estintivi, sono per definizione idonee a definire il giudizio: una sentenza di accoglimento, infatti, presuppone l’esistenza di tutti i fatti costitutivi e l’inesistenza di tutti quelli impeditivi;
  • le questioni pregiudiziali di rito hanno astratta idoneità a definire il giudizio solo qualora si riferiscano ai requisiti extraformali di validità degli atti (es. competenza). Il convenuto che eccepisce l’incompetenza, quindi, non ha diritto di ottenere una decisione immediata con sentenza sulla questioni pregiudiziale da lui risolta.

Il giudice, a seguito della deliberazione con cui anticipa in senso positivo la decisione sulla questione (elemento imprescindibile), emana un’ordinanza con cui invita le parti a precisare le conclusioni che intendono sottoporre al collegio nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’art. 183 (art. 189). Una volta effettuata la rimessione al collegio:

  • se il collegio ritiene, ad esempio, che non esiste un fatto costitutivo del diritto (concordando con il giudice istruttore) oppure reputa inesistente un fatto costitutivo diverso, pronuncia una sentenza definitiva di merito con cui chiude il processo negando l’esistenza del diritto fatto valere in giudizio. L’art. 279 individua alcune ipotesi di sentenza definitiva, espressione questa con cui si fa riferimento sia al merito che al rito:
    • quelle che definiscono il giudizio decidendo questioni di giurisdizione (co. 2 n. 1);
    • quelle che definiscono il giudizio decidendo questioni pregiudiziali o preliminari di merito (n. 2);
    • quelle che definiscono il giudizio decidendo totalmente il merito (n. 3);
    • se il collegio ritiene che il fatto costitutivo sussiste o che il fatto estintivo, modificativo o impeditivo non sussiste (discordando dal giudice istruttore), emana una sentenza non definitiva di merito, in forza della quale la causa deve tornare in fase istruttoria. L’art. 279 co. 2 n. 4, in particolare, prevede che siano pronunciate sentenze non definitive quando ex art. 279 co. 2 nn. 1, 2 e 3 si risolve una questione pregiudiziale astrattamente idonea a definire il giudizio nel senso della sua concreta inidoneità. La forma di sentenza fa sì che non si possa più ridiscutere la questione.

Le sentenze non definitive di merito possono riguardare meri fatti o fatti-diritti di cui sia richiesto accertamento. Occorre chiedersi quale sia l’efficacia di tali sentenze in caso di estinzione del giudicato:

  • le sentenze non definitive di merito su cause pregiudiziali hanno l’efficacia tipica del giudicato sostanziale;
  • se la legge o le parti non hanno richiesto che la questione sia decisa con autorità di giudicato, l’efficacia di questa sentenza non può essere quella di giudicato sostanziale;
  • lo stesso discorso vale a fortiori per le sentenze non definitive su meri fatti, mai suscettibili di essere accertati con autorità di giudicato.
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