Bisogna fare una classificazione:
– Regolamento necessario di competenza: art. 42 c.p.c.
– Regolamento facoltativo di competenza: art. 43 c.p.c.
– Regolamento di competenza d’ufficio: art. 45 c.p.c.
L’art. 324 c.p.c. afferma che la sua proponibilità impedisce il passaggio in giudicato della sentenza.
Impugnazioni ordinarie:
– L’appello;
– Il ricorso per Cassazione;
– La revocazione per i motivi n. 4 e 5;
– Il regolamento di competenza di cui agli art. 42 e 43 c.p.c.
Il fatto che siano impugnazioni ordinarie significa che la loro proponibilità impedisce il passaggio in giudicato della sentenza. Quando si sono esauriti questi mezzi di impugnazione, oppure non è più possibile proporli perché è scaduto il termine o perché le parti soccombenti hanno fatto acquiescenza, allora la sentenza passa in giudicato. Si parla di cosa giudicata formale, determina la immutabilità della sentenza come atto, ma non l’accertamento incontrovertibile come avviene nella cosa giudicata materiale. Mentre la cosa giudicata formale riguarda tutte le sentenze (di rito, di merito, definitive e non) poiché tutte possono essere impugnate, la cosa giudicata materiale non riguarda tutte le sentenze passate in giudicato ma solo le sentenze di merito.
L’immutabilità della sentenza come atto è un immutabilità relativa, nel senso che vi sono delle impugnazioni straordinarie (possono essere proposte anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dopo che le impugnazioni ordinarie non possono più essere proposte o si sono esaurite). Queste impugnazioni straordinarie sono:
– La revocazione per i motivi n. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 c.p.c.
– L’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. (si distingue fra ordinaria di cui al primo comma, e revocatoria di cui al secondo comma).
Regolamento necessario di competenza:
La ratio del regolamento di competenza su istanza di parte è quella di consentire alle parti di ottenere una decisione “rapida” da parte della Corte di Cassazione sulla questione relativa alla competenza. Sotto questo profilo la ratio è analoga a quella del regolamento di giurisdizione, ma questo non è un’impugnazione. Altra differenza fra le due è che la Corte di Cassazione adita con regolamento di competenza pronuncia sempre a Sezioni Semplici.
Il regolamento necessario di competenza può essere proposto contro delle ordinanze (fino a prima della riforma del 2009 veniva proposto sempre contro una sentenza. Adesso il legislatore ha stabilito che le questioni relative alla competenza vengano quasi sempre risolte con ordinanze). Può essere proposto contro:
– Le ordinanze che pronunciano sulla competenza anche a norma dell’art. 39 e 40 c.p.c.
– I provvedimenti che dispongono la sospensione del processo a norma dell’art. 295 c.p.c. (sospensione necessaria del processo).
Si chiama regolamento necessario perché è l’unico rimedio contro questo tipo di ordinanze, competente sarà sempre la Cassazione (non si può proporre appello contro l’ordinanza, e nemmeno contro la sentenza definitiva lamentandosi del contenuto dell’ordinanza pronunciata nel corso del processo).
Il regolamento necessario di competenza è proponibile solo contro l’ordinanza che dispone la sospensione a norma dell’art. 295 c.p.c., non contro i dinieghi di sospensione richiesti a norma dello stesso articolo (per questi bisogna seguire la trafila delle impugnazioni ordinarie).
L’art. 42 c.p.c. dispone che una volta che è intervenuta una decisione di merito non è più proponibile il regolamento necessario di competenza. Il senso di questa decisione va inteso nello stesso senso dell’art. 41 c.p.c. relativo al regolamento di competenza (qualsiasi sentenza, definitiva o non definitiva, di merito o di rito, preclude la possibilità di proporre il regolamento necessario di competenza).
L’art. 39.1 c.p.c. prevede l’istituto della litispendenza. L’art. 39.2 c.p.c. prevede l’istituto della continenza e l’art. 40 c.p.c. l’istituto della connessione.
L’art. 39.1 c.p.c., riguardo la litispendenza, prevede che se la stessa causa (stessi elementi di identificazione dell’azione) venga proposta davanti ad un giudice diverso, allora il giudice adito per secondo dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo (cessa la pendenza della seconda causa davanti al giudice adito per secondo). Se una parte intende contestare questa ordinanza deve proporre regolamento necessario di competenza.
Se invece la stessa causa viene riproposta davanti allo stesso ufficio giudiziario, la legge prevede la riunione delle cause ex art. 273 c.p.c.
La continenza di cause si ha quando due cause hanno identici soggetti, stessa causa petendi, stesso petituim immediato e diverso petitum mediato.
In queste ipotesi se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa successivamente proposta, allora deve essere il giudice della causa successivamente proposta a dichiarare la continenza (allora c’è la riassunzione della seconda causa davanti al primo giudice). Altrimenti sarà il primo giudice a dover dichiarare la continenza (la dichiarazione di continenza viene effettuata con ordinanza).
Per determinare la prevenzione (la causa proposta per prima) si deve guardare alla notificazione dell’atto di citazione oppure, se sono procedimenti proposti che devono essere iniziati con ricorso, si deve guardare al momento del deposito del ricorso in cancelleria (anche se il convenuto non sa ancora che pende una causa nei suoi confronti).
Questa norma non prende in considerazione l’ipotesi in cui il giudice adito per secondo non sia competente per la causa proposta preventivamente. Poi non spiega per cosa si intenda per causa in rapporto di continenza:
– Secondo l’opinione tradizionale, le cause in rapporto di continenza si pongono in un rapporto quantitativo in cui vi è una mera differenza quantitativa fra gli oggetti mediati (es. Tizio compra un’enciclopedia di 10 rate da 2000 €. Il venditore propone una domanda chiedendo il pagamento di una rata, e poi propone un altro processo chiedendo il pagamento dell’intero importo). In questo caso il giudice della causa iniziata per seconda dovrà rimettere la causa al giudice della causa iniziata per prima senza guardare quale sia la causa continente o contenuta, ma in base ad un rapporto cronologico. Vi è un limite però: la causa contenuta non deve essere iniziata dopo la causa continente, perché altrimenti vi è il limite della litispendenza (se io inizio prima la causa sull’intero credito e poi inizio la causa sulla singola rata, la domanda relativa alla singola rata incontra il limite della litispendenza e quindi deve essere rigettata in rito);
– Altra opinione, accolta dalla giurisprudenza, ha configurato la continenza considerando i rapporti fra i giudicati delle due azioni: quando vi sono due domande che hanno per oggetto rapporti che sono parzialmente coincidenti, quindi il giudicato su un oggetto copre parzialmente anche l’oggetto dell’altra causa, allora si ha un rapporto di continenza. Questo tipo di continenza viene definita qualitativa (o biforcata).
Esempio: due parti stipulano un contratto, l’attore chiede l’esecuzione della prestazione convenuta, la controparte instaura un altro autonomo processo chiedendo l’annullamento del contratto per vizio del volere. In questo caso le domande sono connesse perché il contratto rientra nella fattispecie costitutiva di entrambe. Non sempre però due cause possono essere riunite: la connessione però non può essere né eccepita né rilevata d’ufficio oltre la prima udienza (art. 40 c.p.c.).
Le domande sono in un rapporto tale che fra loro vi è una relazione di pregiudizialità di pendenza, quindi bisognerebbe sospendere ex art. 295 c.p.c. la causa relativa all’esecuzione della prestazione convenuta in contratto in attesa della definizione della causa relativa all’annullamento della contratto per vizi del volere.
La vera motivazione dell’elaborazione della continenza qualitativa è la volontà di evitare la sospensione necessaria;
– Altra opinione ravvisa la continenza quando si hanno delle domande, instaurate in autonomi processi, che sono in rapporto di incompatibilità logica (continenza per specularità o per incompatibilità).
Esempio: domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, domanda di risoluzione del contratto per vizi della cosa. In un ipotesi del genere è vero che il contratto è causa petendi e quindi le cause potrebbero essere riunite ex art. 40 c.p.c., ma siccome questo non è sempre possibile è stata formulata questa teoria.
In un ipotesi del genere non sarebbe applicabile la sospensione necessaria, a meno che non si voglia ricorrere alla figura della pregiudizialità per incompatibilità. L’alternativa sarebbe quella di far procedere le cause, poi vince chi arriva per primo al giudicato.
Per quanto riguarda la connessione si prevede che più cause proposte davanti a giudici diversi, per ragione di connessione (per l’oggetto, per il titolo o per le ragioni previste dagli art. 31 e 36 c.p.c.), possono essere decise in un unico processo.
In questo caso il giudice della causa proposta successivamente deve dichiarare la connessione con ordinanza, e la causa accessoria deve essere riassunta davanti al giudice della causa principale. La rimessione viene disposta con ordinanza (se si vuole impugnarla si deve proporre il regolamento necessario di competenza. La connessione deve essere eccepita o rilevata d’ufficio non oltre la prima udienza).
Vi sono dei limiti a proporre la connessione quando lo stato della causa precedentemente proposta non consente l’esaustiva trattazione della causa accessoria.
Questi provvedimenti dell’art. 39 c.p.c. e 40 c.p.c. sono assimilati alla pronuncia sulla competenza perché incidono sul fatto che il giudice adito in via accessoria diventa incompetente a giudicare la causa.
Regolamento facoltativo di competenza:
Può essere proposto quando il giudice decide sia sulla questione di competenza sia sul merito della causa. L’art. 43 c.p.c. parla di provvedimento (non di ordinanza) perché non si potrà mai decidere nel merito della causa con ordinanza, solo con sentenza.
Quando il giudice pronuncia sulla questione di competenza e sul merito della causa con un unico provvedimento, cioè con sentenza, allora le parti hanno la possibilità di scegliere (ecco perché si parla di regolamento facoltativo):
– Possono decidere di impugnare solo la pronuncia sulla competenza: allora dovranno proporre regolamento di competenza;
– Se vogliono impugnare sia il merito che la competenza devono proporre l’impugnazione nei modi ordinari (es. se siamo in primo grado dovrà proporre l’appello).
È controverso se sia ammissibile, il regolamento di competenza, anche contro le sentenze o le ordinanze pronunciate in appello.
È anche possibile il concorso fra le impugnazioni ordinarie e il regolamento di competenza (es. se siamo in primo grado è possibile il concorso fra l’appello e il regolamento). In questo caso si da la precedenza al regolamento di competenza (se viene proposto prima il regolamento di competenza resta sospeso il termine per proporre l’appello, se viene proposto prima l’appello il processo d’appello è sospeso). Anche questo caso è un caso di sospensione impropria.
Regolamento di competenza d’ufficio:
Il regolamento di competenza d’ufficio non è un’impugnazione, gli altri due lo sono. Le impugnazioni sono proposte da chi è stato parte ed è stato soccombente (quindi non dal giudice). Canova nonostante questo lo qualifica lo qualifica come impugnazione.
Il regolamento di competenza d’ufficio è proposto dal giudice.
Per capire quando proporre regolamento d’ufficio bisogna guardare all’efficacia della pronuncia sulla propria incompetenza nei confronti del giudice indicato come competente. Il presupposto perché questa pronuncia sulla competenza sia efficace è che la causa venga riassunta entro 3 mesi davanti al giudice competente (vi è la possibilità di trasferire la causa dal giudice incompetente al giudice competente).
L’efficacia del provvedimento di incompetenza, nei confronti del giudice davanti al quale viene riassunta la causa, dipende dalle ragioni per cui il giudice adito si è dichiarato incompetente:
– Art. 44 c.p.c. prevede l’ipotesi che il giudice adito si sia dichiarato incompetente per ragioni di territorio semplice oppure per ragioni di valore: se la causa viene riassunta, la pronuncia rende incontestabile sia l’incompetenza del primo giudice, sia la competenza del giudice davanti al quale la causa è riassunta. Egli quindi vede fissata la propria competenza in modo incontestabile: le parti non possono contestare la competenza indicata perché hanno riassunto la causa, e il giudice non può contestare la propria competenza.
Non è che le parti siano costrette necessariamente a subire questa efficacia della sentenza (non sono costrette a riassumere la causa), possono sempre proporre regolamento di competenza impugnando la pronuncia (in questo caso si pronuncia la Corte di Cassazione a sezioni semplici);
– Se la pronuncia di incompetenza è stata adottata per ragioni di materia o territorio inderogabile, allora il giudice davanti al quale è riassunta la causa non è vincolato da questa pronuncia. Egli può proporre, se ritiene di essere incompetente, regolamento di competenza d’ufficio.
La ratio di tutta questa disciplina sta nell’evitare il cosiddett conflitto negativo di competenza: evitare che il giudice adito si dichiari incompetente, e dopo la riassunzione che il giudice dichiarato come competente si dichiari a sua volta incompetente ed indichi un altro giudice, e così via.
La disciplina sulla competenza è lacunosa poiché non si prevede il caso in cui il primo giudice si dichiari incompetente per ragioni di valore o di territorio semplice e, dopo la riassunzione, il giudice davanti al quale è riassunta la causa si ritenga incompetente per ragioni di materia o di territorio inderogabile. Stando alla lettera della legge la competenza del secondo giudice dovrebbe ritenersi fissata definitivamente, tuttavia vi è chi ritiene che la ratio del regolamento di competenza d’ufficio sia quella di consentire la sua proposizione quando è in gioco la competenza per materia o la competenza per territorio inderogabile (pertanto questi sono favorevoli ad ammettere il regolamento di competenza d’ufficio, ma non è affatto pacifico poiché nel primo processo non è mai venuta in gioco la questione di competenza per materia o per territorio inderogabile e quindi tale questione non la potrebbe sollevare il secondo giudice).