Il processo di cognizione inizia con una fase introduttiva che consiste:

– Nella notificazione dell’atto di citazione: qui la data di prima udienza è fissata dall’attore;
– O nel deposito del ricorso presso la cancelleria del tribunale: qui la data della prima udienza è fissata dal giudice (dopo il deposito il giudice fissa con decreto l’udienza, poi il ricorrente notifica il ricorso e il decreto al resistente).
Es. di processo che inizia con ricorso è il rito del lavoro. Questo non è un rito speciale, ma è un processo ordinario di cognizione che si svolge con rito speciale (è caratterizzato da un sistema di preclusioni).

Atto di citazione

Il contenuto dell’atto di citazione è disciplinato dall’art. 163.3 c.p.c.:

1. L’ufficio giudiziario davanti al quale si propone la domanda;
2. Le parti (attore e convenuto). Questo serve per determinare il foro generale delle persone fisiche;
3. La “determinazione della cosa oggetto della domanda”;
4. “l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”;
5. Mezzi di prova;
6. Difensore in senso tecnico;
7. Questo contiene:
L’indicazione della data dell’udienza;
L’invito al convenuto a costituirsi nei termini davanti al giudice istruttore;
E l’avvertimento che se non si costituisce nei termini incorre nelle decadenze di cui agli art. 167 e 38 c.p.c. (vedi p. 41).
La dottrina ha cercato di individuare, nell’ambito di questi elementi, quali siano gli elementi di identificazione dell’azione:
– La causa petendi sarebbe indicata dal n. 4 (“l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda”);
– Il petitum mediato sarebbe indicato dal n. 3 (la “determinazione della cosa oggetto della domanda”);
– Il petitum immediato sarebbe indicato dal n. 4 (“le relative conclusioni”).

In realtà c’è chi dice che nelle conclusioni rientra anche il petitum mediato. Quello che conta è che nell’atto di citazione siano individuati gli elementi di identificazione del diritto sostanziale (parti, oggetto e causa petendi), ed il tipo di provvedimento che si richiede al giudice.

Gli elementi previsti nell’art. 163 c.p.c. sono stati raggruppati in tre categorie:
– Elementi relativi alla vocatio ius: hanno la funzione di realizzare il contraddittorio tra le parti davanti al giudice;
– Elementi relativi all’editio actionis: hanno la funzione di individuare l’azione di cognizione proposta (vedi sopra);
– Gli elementi di preparazione dell’udienza.

L’art. 163 bis c.p.c. disciplina i termini a comparire: il numero di giorni che deve intercorrere tra quello della notificazione e quello della prima udienza (una volta erano 60, ora sono 90). Il convenuto ha almeno 70 giorni per preparare il suo atto difensivo (comparsa di risposta), sempre che non voglia incorrere nelle decadenze. Si possono anche dimezzare i termini a comparire.

Parte degli elementi contenuto nell’atto di citazione li ritroviamo nella disciplina della nullità del’atto di citazione (art. 164 c.p.c.). Il legislatore ha distinto due categorie di vizi prevedendo poi dei meccanismi sananti (questi talvolta operano con efficacia ex tunc, altre con efficacia ex nunc):
– Primo comma: l’atto di citazione è nullo se:
È omesso o assolutamente incerto alcuno dei requisiti di cui al n. 1) e 2) dell’art. 163 c.p.c. (individuazione dell’ufficio giudiziario e delle parti);
Se manca la data dell’udienza di comparizione;
Se è assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge;
Se manca l’avvertimento di cui al n. 7) dell’art. 163 c.p.c. (l’avvertimento al convenuto a costituirsi nei termini e con le forme stabilite dall’art. 166 c.p.c.).
La disciplina di queste cinque ipotesi è differente a seconda che il convenuto si sia costituito o meno (in entrambe le ipotesi la sanatoria opera con efficacia retroattiva):
Il convenuto non si è costituito: la nullità è rilevabile d’ufficio.

Rilevata la nullità, il giudice fissa un termine perentorio all’attore per rinnovare l’atto di citazione. Se la rinnovazione avviene nel termine perentorio, questa sana i vizi, allora gli effetti sostanziali e processuali si producono dalla prima notificazione (questo perché la rinnovazione della citazione implica che venga notificato l’atto di citazione privo dei vizi).

Qui l’efficacia è retroattiva, vengono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali (interruzione della prescrizione e impedimento della decadenza).

Se la rinnovazione non viene effettuata nel termine perentorio il processo si estingue. Se il processo si estingue bisogna tener presente che l’effetto interruttivo della prescrizione si è comunque verificato, perché è stato notificato un atto di citazione in cui l’editio actionis era individuata (non si produce invece l’effetto impeditivo della decadenza e l’effetto sospensivo della prescrizione);
Il convenuto si è costituito: la costituzione sana i vizi con efficacia retroattiva.

È un’applicazione del principio secondo cui le nullità di un atto sono sanate dal fatto che l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato (art. 156 c.p.c.). Sono vizi che attengono alla vocatio ius (vizi che riguardano elementi diretti a realizzare il contradditorio, pertanto se si costituisce il convenuto il contraddittorio è realizzato).

Il convenuto qui ha la possibilità di proporre due eccezioni processuali:

Può lamentare l’inosservanza dei termini a comparire (il fatto che siano stati assegnati dei termini a comparire inferiori a quelli previsti dalla legge);
La mancanza dell’avvertimento di cui al n. 7) dell’art. 163 c.p.c.

In tal caso il giudice deve fissare una nuova udienza, in relazione alla quale il convenuto può esercitare i suoi poteri evitando così di intercorrere nelle decadenze di cui all’art. 38 e 167 c.p.c. (incorrerà in queste decadenze se non deposita il nuovo atto almeno 20 giorni prima della nuova udienza).
– L’atto di citazione è nullo se (quarto comma):
È omesso o assolutamente incerto il requisito di cui al n. 3) dell’art. 163 c.p.c. (determinazione della cosa oggetto della domanda);
Mancano i fatti di cui al n. 4) dell’art. 163 c.p.c. (fatti costituenti le ragioni della domanda).
Qui dottrina e giurisprudenza ritengono che questi vizi attengano alla editio actionis, di conseguenza, non essendo individuata l’azione di cognizione che l’attore voleva esercitare e nemmeno il diritto sostanziale fatto valere dall’attore, ecco che il meccanismo sanante ha un efficacia ex nunc.

Rilevata questa nullità (è rilevabile d’ufficio), il giudice fissa un termine perentorio all’attore entro il quale questi deve rinnovare o integrare la citazione. Anche se il convenuto si è costituito la nullità permane (nella prima ipotesi la costituzione sanava i vizi, qui i vizi sono sanati solo dalla rinnovazione o integrazione della domanda).

L’articolo poi afferma che “restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione”. Questi diritti quesiti sono diritti del convenuto, sono i diritti a far valere la prescrizione o la decadenza che siano maturate prima della rinnovazione della citazione o dell’integrazione. Ecco che allora la sanatoria ha efficacia ex nunc perché non si può interrompere un termine di prescrizione se il diritto non si sa ancora quale sia.

Viene sanato solamente un vizio del processo, si consente allo stesso processo di proseguire, ma non vi è una sanatoria in ordine all’esercizio della domanda (la sanatoria consiste nel fatto che il processo può proseguire senza doverne instaurare uno ex novo). Gli effetti sostanziali e processuali si producono dal momento in cui avviene la notificazione o l’integrazione (quindi ad es. se fra la prima notificazione e la seconda si è verificata la prescrizione, il diritto di far valere questa prescrizione permane da parte del convenuto).

La legge, per questa seconda categoria di vizi, non prevede quale sia la conseguenza della mancata integrazione o rinnovazione. Qui sono state formulate più opinioni:
Alcuni hanno detto che la domanda è inammissibile;
Altri hanno detto che è improcedibile;
Altri hanno parlato di nullità assoluta e insanabile (quindi la necessità di rigetto in rito della domanda);
Altri hanno detto che per analogia si applica la norma prevista per la prima categoria prevista (il processo si estingue).

Fra queste soluzioni la differenza sta nel fatto che nel caso dell’estinzione non è fatto salvo l’effetto sospensivo della prescrizione e neppure l’effetto impeditivo della decadenza (questi si potrebbero verificare nel caso di rigetto in rito). Questo perché se l’atto di citazione non viene integrato o rinnovato non si riesce ad individuare qual è il diritto sostanziale fatto valere, e pertanto non si prescrive il termine di prescrizione (non si verifica alcun effetto sostanziale).

In questi due commi dell’art. 164 c.p.c. non vengono in rilevo alcuni elementi indicati nell’atto di citazione, coma gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda. Ci si chiede che rilievo abbiano questi ultimi:
Secondo alcuni la mancanza di questi elementi non avrebbe nessuna conseguenza, in quanto varrebbe il principio iura novit curia per cui il giudice può qualificare diversamente una domanda rispetto alla qualificazione prospettata dall’attore;
In realtà la qualificazione della domanda è essenziale per più motivi:

È necessaria come atto di preparazione dell’udienza per consentire al giudice di esercitare i poteri previsti per la prima udienza;
Per il convenuto per potersi difendere;
In relazione alla diversa qualificazione di una domanda le eccezioni possono essere diverse.

Pertanto la mancanza di tali elementi di diritto determina la nullità della citazione. Il giudice quindi deve comunque fissare un termine perché venga integrato o rinnovato l’atto di citazione. Si è detto che la sanatoria opera ex nunc perché anche la mancata qualificazione della domanda da parte dell’attore determinerebbe la mancata individuazione del diritto sostanziale.

Si deve distinguere fra:

– Domanda autodeterminata: quella individuata dal contenuto del diritto sostanziale fatto valere, non è individuata dalla causa petendi (es. diritto di proprietà) (vedi p. 112);
– Domanda etero determinata: quella che è sempre individuata dalla causa petendi (es. diritto di credito avente ad oggetto una somma di denaro).

Qualora l’attore non indichi il fatto costitutivo, si può ritenere che l’atto di citazione non sia nullo? Dal punto di vista dell’ editio actionis si è detto che effettivamente non è necessario individuare il fatto costitutivo, tuttavia l’indicazione del fatto costitutivo è comunque essenziale come elemento preparatorio della prima udienza. Quindi, se l’attore fa valere una domanda auto determinata e non indica il fatto costitutivo, la citazione deve ritenersi nulla. La sanatoria in questo caso opera con efficacia ex tunc (la mancanza degli elementi di diritto invece determina una sanatoria con efficacia ex nunc, quindi è sempre necessaria la prospettazione da parte dell’attore della qualificazione giuridica della fattispecie).

Nel caso delle domande etero determinate invece la sanatoria opera ex nunc perché non è individuato il diritto sostanziale.
Se nell’atto di citazione manca il petitum immediato (tipo di sentenza) deve ritenersi che la nullità sia sanata con efficacia ex nunc.
Normalmente le parti coincidono con le parti della situazione sostanziale dedotta in giudizio. Alcuni si sono chiesti come mai il legislatore abbia previsto che l’omessa o assoluta incertezza delle parti dia luogo ad un vizio relativo alla vocatio ius, e non invece all’editio actionis. Questa disciplina è stata criticata perché si è detto che tale vizio dovrebbe dar luogo ad un indeterminatezza del diritto sostanziale, quindi la sanatoria dovrebbe essere ex nunc. Questa critica è sicuramente valida, ma bisogna prendere atto che il legislatore ha fatto una scelta.

Vi possono essere ipotesi in cui le parti del processo sono indicate, ma possono essere incerte le parti in senso sostanziale (es. nelle ipotesi di sostituzione processuale). In queste ipotesi è possibile che si abbia un vizio relativo all’ editio actionis anche se non previsto espressamente dal legislatore. In un ipotesi del genere si deve ritenere che il vizio sia soggetto alla disciplina della seconda parte dell’art. 164 c.p.c.

L’art. 164 c.p.c. al quarto comma parla di “mancata esposizione dei fatti di cui al numero 4) dell’art. 163 c.p.c.” (mancanza dei fatti costituenti le ragioni della domanda). Molto spesso non si tratterà della totale mancanza, mancheranno solo alcuni elementi: raramente la causa petendi è costituita da un solo elemento, più spesso vi sono una serie di elementi che fanno sì che vi sia una fattispecie costitutiva e non un fatto costitutivo (es. se viene proposta una domanda di risoluzione per inadempimento, è elemento costitutivo anche la gravità dell’inadempimento). In questo caso si deve ritenere che si applichi comunque la seconda parte dell’art. 164 c.p.c., si deve ritenere che comunque manchino i fatti costituenti le ragioni della domanda, e pertanto la sanatoria avverrà con efficacia ex nunc.

Alcuni ritengono che, sempre per quanto riguarda la seconda categoria di vizi, la mancata integrazione o rinnovazione determini l’estinzione del processo per analogia prevista per la prima categoria di vizi.
L’art. 307.4 c.p.c., come modificato dalla L. 69/’09, afferma che l’estinzione del processo opera di diritto (questa nuova disciplina si applica solo ai processi iniziati dopo la sua entrata in vigore).

La precedente disciplina prevedeva che l’estinzione operasse di diritto purché fosse eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa. Significa che il legislatore consentiva di sanare quell’evento anomalo costituto dall’estinzione del processo (consentiva al processo di riprendere di modo da poter arrivare ad una pronuncia sul merito). Se l’estinzione non veniva eccepita prima di ogni altra difesa, la parte decadeva dal potere di eccepire l’estinzione del processo.

Questa vecchia disciplina si può ritenere applicabile nel caso di mancata integrazione o rinnovazione? No, poiché l’ipotesi della mancata integrazione o rinnovazione, quand’anche si ritenga che determini un’estinzione del processo, è un tipo di estinzione per la quale non si può applicare la vecchia disciplina. Questo perché il vizio che ne sta a monte permane (che senso ha riprendere un processo in cui il diritto sostanziale non è individuato?).

Questo vecchio meccanismo sanante non trova applicazione neanche nell’ipotesi di mancata integrazione del contradditorio prevista dall’art. 102 c.p.c. (questo prevede che nell’ipotesi di mancanza di litisconsorzio necessario il giudice ordini l’integrazione del contraddittorio entro un termine perentorio. Se non vi è l’integrazione del contraddittorio il processo si estingue), poiché rimane il vizio della mancata integrazione del contradditorio.

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