Tema controverso è quello della tecnica dell’anticipazione, tutela realizzata mediante provvedimenti che anticipano il contenuto della pronuncia definitiva. Vi è un positivo ma limitato riconoscimento nei provvedimenti emessi in forma di ordinanza. Il primo è l’ordinanza di pagamento di somme non contestate: simile ma distinto dal processo del lavoro. Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre fino al momento della precisazione delle conclusioni il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite.

La norma esclude l’equivalenza tra non contestazione e contumacia. Il provvedimento può infatti emettersi solo nei confronti delle parti costituite. L’ordinanza non può essere pronunciata anteriormente alla prima udienza, giacché presuppone non solo la scadenza del termine ordinario per la costituzione del convenuto ma anche la celebrazione dell’udienza. E non può pronunciarsi oltre il momento nel quale le parti hanno precisato le conclusioni da sottoporre al collegio o giudice unico per la decisione.

Se l’istanza è proposta fuori dall’udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione. L’ordinanza può avere per oggetto solo il pagamento di somme e non anche l’adempimento di ogni altra obbligazione. rimane tuttavia l’esigenza di individuare il presupposto specifico del provvedimento e poi i comportamenti in cui possa concretarsi. È controverso se oggetto della non-contestazione debba essere il diritto di credito pecuniario o i fatti costitutivi posti dall’attore a fondamento del diritto di credito dedotto in giudizio. L’ordinanza è subordinata alla non-contestazione di tali fatti e alla verifica della loro idoneità a produrre gli effetti affermati dall’attore e dell’assenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi allegati agli atti o rilevabili d’ufficio.

Il dettato della legge riferisce tuttavia la non contestazione alle somme dovute: non al fatto costitutivo ma all’effetto, ossia al diritto di credito pecuniario. La non contestazione è un comportamento processuale che nasce da un sistema di argomentazioni del difensore che opera non sul piano probatorio ma sulle affermazioni di diritto. Occorre stabilire se la difesa del convenuto ammetta il debito di somma affermato dall’attore. L’ordinanza di pagamento di fonda su questa non contestazione e ciò spiega perché la non contestazione non possa emergere dalla contumacia o dal semplice silenzio della parte. L’ordinanza tuttavia non opera di per sé quella riduzione dell’oggetto della causa che l’effetto normale della non-contestazione del diritto nelle ipotesi già conosciute dal nostro ordinamento e quella dell’art.423 cpc.

Ed infatti essa è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli art.177 e 178 ossia non può mai pregiudicare la decisione della causa, può essere sempre modificata o revocata dal giudice che l’ha pronunciata, può essere riesaminata dal collegio o dal giudice decidente quando la causa è rimessa per la decisione. L’ordinanza non solo costituisce titolo esecutivo ma conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo. Resta da chiedersi se il potere di revoca dell’ordinanza possa essere sempre esercitato sulla mera base di una nuova valutazione degli elementi o abbia un qualche specifico presupposto. Applicare sic et simpliciter, alla revoca di questa ordinanza gli art.177 e 178 cpc significherebbe riconoscere efficacia alla non-contestazione esclusivamente ai fini esecutivi e non ai fini della decisione della causa. Più ragionevole appare una diversa interpretazione.

La non-contestazione può essere revocata dalla parte. Le preclusioni non operano né per le mere contestazioni dei fatti né per la contestazione del diritto vantato dalla controparte. L’ordinanza potrà essere revocata e si giustificherà una decisione della causa divergente da ciò che risulta dalla precedente non-contestazione del convenuto. Finché non sia revocata, dunque, la non contestazione equivarrà al riconoscimento della domanda ammesso in altri ordinamenti. Coerente con questa conclusione è la conservazione d’efficacia dell’ordinanza in caso di estinzione del processo: si intende in caso di estinzione sia per rinuncia agli atti che per inattività delle parti.

La non contestazione è considerata base sufficiente non solo per un ordine di pagamento ma anche per la decisione della causa quando manchi una contestazione successiva. Se questa non vi è stata il giudice dovrà adeguarsi alla non-contestazione del diritto confermando l’ordinanza. Ma se il processo si estingue la conservazione lascia integro potere di contestazione che potrà essere successivamente esercitato in un nuovo processo a cognizione piena. L’ordinanza non potrà essere pronunciata nelle cause relative a diritti indisponibili nelle quali non opera il principio della non contestazione né a livello probatorio né ad altri effetti. L’ordinanza non ha gli effetti secondari della sentenza di condanna.

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