Prima della sentenza, può accadere che
a) la nullità che investe un qualsiasi atto del processo anteriore alla sentenza non sia stata fatta valere o non sia stata rilevata dal giudice prima della pronuncia della sentenza. In questi casi può verificarsi la sanatoria ex 157, ma può anche non verificarsi la sanatoria se la parte non avesse avuto tempestiva conoscenza del vizio o perchè si tratti di nullità assoluta. In questi casi il vizio investe i successivi atti, quindi anche la sentenza sarà nulla ex 159;
b) la nullità riguardi direttamente e senz’altro la sentenza, in quanto c’è mancanza di un requisito della sentenza.
In a) e in b) si verifica nullità della sentenza. Per farla valere, precedentemente si utilizzava un apposito rimedio: la cosiddetta “querela nullitatis”. Questo istituto fu però assorbito per le sentenze di primo grado nell’appello, rispetto alle sentenze di appello nell’impugnazione a cui sono assoggettate queste sentenze cioè il ricorso per Cassa. Quindi si cominciò ad affermar il principio per cui i vizi di nullità si convertono in motivi di impugnazione o gravame, assorbendosi in essi. Ciò vuol dire che i vizi di nullità che affliggono la sentenza, possono esser fatti valere col mezzo di impugnazione che è consentito verso quella sentenza, nel senso che si convertono in un motivo che fonda l’impugnazione.
Da questa “conversione” discende:
1) non c’è altro mezzo per far valere la nullità delle sentenze, all’in fuori del mezzo di impugnazione;
2) quindi le modalità proprie della proposizione del mezzo d’impugnazione, si ripercuotono sulla stessa possibilità di far valere la nullità;
3) con conseguenza che l’eventuale decadenza dal mezzo di impugnazione, per mancato rispetto dei termini, dà luogo alla decadenza della stessa rilevabilità del vizio, quindi alla sua sanatoria. La regola della conversione è enunciata dal 161 1° per cui “la nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per Cassa. può esser fatta solo nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione”.
Infine, va detto che l’inimpugnabilità delle sentenze della Cassazione esclude ogni possibilità di far valere i vizi di nullità in esse eventualmente contenuti.