Il momento ultimo è l’udienza di precisazione delle conclusioni.
Rinvia alle norme sul procedimento per ingiunzione. Quando esistono questi presupposti la parte può chiedere al giudice che pronunci con ordinanza l’ingiunzione di pagamento. I diritti per cui è possibile chiedere quest’ordinanza sono gli stessi diritti per cui è possibile chiedere un decreto ingiuntivo (diritto al pagamento di somme di denaro, diritto alla consegna di quantità di cose fungibili, diritto alla consegna di cosa mobile determinata).

La disciplina in generale di questa ordinanza rinvia a molte delle disposizioni previste nel procedimento per ingiunzione. L’intenzione originaria del legislatore era quella di introdurre, nell’ambito del procedimento di cognizione, un sub procedimento per ingiunzione che doveva sfociare in un’ordinanza idonea a produrre l’efficacia di cosa giudicata materiale.
Mentre nel procedimento per ingiunzione il diritto deve essere al pagamento di una somma liquida di denaro, viene ammessa la pronuncia di questa ordinanza anche per diritti al pagamento di somme non liquide (es. risarcimento del danno).

Vi sono una serie di rinvii:
– Al secondo comma dell’art. 633 c.p.c.: ipotesi che il diritto sia subordinato ad una controprestazione o ad una condizione. In questo caso bisognerà fornire elementi atti a far presumere che è stata eseguita la propria prestazione o che si è avverata la condizione;
– Al n. 1) dell’art. 633 c.p.c.: si richiede prova scritta;
– All’art. 634 c.p.c. che fa riferimento anche agli estratti autentici delle scritture contabili degli imprenditori prescritti dall’art. 2214 cc. o dalle leggi tributarie (non compare la parcella redatta dai professionisti per i quali esiste una tariffa legalmente approvata).

Il fatto che si dica che “l’ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall’art. 641” significa che deve pronunciare sulle spese.
Questa ordinanza non è immediatamente esecutiva, può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva se esistono i presupposti di cui all’art. 642 c.p.c. (vedi p. 161), o se la controparte non sia rimasta contumace (purché sussistano i requisiti di cui all’art. 648 c.p.c.). Se la controparte si è costituita ma non ha fornito prova scritta o di pronta soluzione, allora può essere attribuita la provvisoria esecutività a quest’ordinanza.

Si prevede che questa ordinanza possa essere emanata nei confronti della parte contumace (questo non può avvenire per l’ordinanza ex art. 186 bis c.p.c.).
Il secondo comma precisa che la provvisoria esecutorietà non può mai essere concessa se la parte ha disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lui, o se ha proposto querela di falso contro l’atto pubblico.
Il terzo comma prevede una disposizione analoga a quella prevista dall’art. 186 bis c.p.c. per l’ordinanza di pagamento di somme non contestate, assoggetta quest’ordinanza alla disciplina delle ordinanze revocabili.
Il quarto comma afferma che “sei il processo si estingue, l’ordinanza che non se sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653, primo comma”.
Il quinto comma prevede la possibilità di emanare quest’ordinanza nei confronti della parte contumace: se la parte contro cui è pronunciata l’ordinanza è contumace, allora quest’ordinanza deve esserle notificata. Se non si costituisce nel termine di 20 giorni, l’ordinanza acquista efficacia costitutiva a norma dell’art. 647 c.p.c. (vedi p. 164).

Riguardo la natura di questa ordinanza, da un lato noi abbiamo il terzo comma che assoggetta quest’ordinanza alla disciplina delle ordinanze revocabili e modificabili, dall’altro abbiamo due rinvii a disposizioni relative al procedimento per ingiunzione in cui il decreto ingiuntivo diventa definitivo:
– L’opinione prevalente ritiene che l’assoggettamento alla disciplina delle ordinanze revocabili sia incompatibile con l’idoneità e produrre l’efficacia della cosa giudicata materiale;
– Altra opinione ha detto che questo non è sempre vero, perché in due ipotesi si deve riconoscere l’idoneità a produrre l’efficacia di cosa giudicata materiale. Sono le due ipotesi previste dal quarto e quinto comma (quelle in cui si rinvia alla disciplina prevista per decreto ingiuntivo).

L’ordinanza di ingiunzione che acquista efficacia esecutiva perché la parte contumace non si costituisce, è comunque soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili e modificabili (perché è soggetta al terzo comma dell’art. 186 ter c.p.c.). Se è revocabile non può essere idoneo a produrre l’efficacia di accertamento incontrovertibile.

Riguardo l’ordinanza di ingiunzione che acquista efficacia esecutiva perché il processo si estingue, alcuni hanno fatto notare che quest’ordinanza era già stata emanata prima dell’estinzione del processo (sia pure priva di efficacia esecutiva). Quest’ordinanza era comunque revocabile e modificabile prima dell’estinzione del processo, e questo implica l’inidoneità a produrre l’efficacia della cosa giudicata materiale.

Ci si può chiedere che senso abbia prevedere un’ordinanza di ingiunzione nell’ambito di un processo ordinario di cognizione. Ci si chiede perché se esistevano i presupposti per chiedere decreto ingiuntivo, la parte non lo abbia fatto? Due sono le obiezioni a quest’osservazione:
– La prova scritta poteva non esistere prima (può essere acquista nel corso del processo);
– È possibile che si sia arrivati al processo di cognizione su iniziativa del debitore che ha proposto una domanda di accertamento negativo del credito. Quindi il creditore può aver perso la possibilità di chiedere un decreto ingiuntivo.

Il termine ultimo per chiedere quest’ordinanza è, secondo la legge, l’udienza di precisazione delle conclusioni. Si è fatto notare che, se la parte è contumace, bisogna avere il tempo per notificarle questa ordinanza. Allora è stato detto che bisogna chiederla in un momento anteriore all’udienza di precisazione delle conclusioni, che può essere o l’udienza in cui viene fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni, oppure un momento successivo a quest’udienza precedente ma comunque sufficiente a notificare l’ordinanza alla parte contumace. Si è detto però che, qualora venga chiesta all’udienza in cui viene fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni, nulla impedisce al giudice istruttore di spostare la precisazione delle conclusioni ad una successiva udienza, dando così modo alla parte istante di notificare l’ordinanza alla parte contumace.

 

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