L’esistenza della giurisdizione del giudice adito costituisce un presupposto processuale per la decisione nel merito. È auspicabile che la decisione sulla relativa eccezione venga pronunciata quanto prima e possibilmente in limine litis poiché il tardivo accertamento della carenza di giurisdizione comporterebbe l’integrale caducazione delle attività processuali eventualmente svolte. La rimessione in decisione per la pronuncia sulla questione di giurisdizione è quindi consentita ma rientra nei poteri discrezionali del giudice.

Per non dipendere da tale discrezionalità soccorre l’istituto del regolamento di giurisdizione che una qualunque delle parti può richiedere direttamente alla Corte di cassazione al fine di ottenere una pronuncia vincolante e definitiva sulla sussistenza o meno della giurisdizione in capo al giudice adito. La legge 218/1995 ha comportato un problema di coordinamento. Mentre l’art.41 ha mantenuto invariato il riferimento alle questioni di giurisdizione dell’art.37, quest’ultimo è stato modificato dalla legge che ha istituito i differenti criteri di cui si è parlato. Un’interpretazione letterale avrebbe condotto a limitare l’ambito del regolamento alle questioni concernenti il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali sottraendovi il difetto di giurisdizione del giudice italiano non più solo nei confronti dello straniero.

Per quanto riguarda i limiti temporali di proposizione del regolamento, lo stesso risulta esperibile in pendenza del giudizio di primo grado e finché la causa non sia decisa nel merito. Si tratta dunque di un rimedio preventivo tramite il quale la questione di giurisdizione viene ad essere direttamente decisa dalle Sezioni Unite della Cassazione con una pronuncia che si inserisce nel processo di primo grado e che tiene luogo della relativa pronuncia del giudice a quo.

Il testo attuale dell’art.367 cpc dispone che il deposito presso la cancelleria, del giudice davanti al quale pende la causa, della copia del ricorso per regolamento di giurisdizione recante certificazione della notificazione compiuta alle altre parti, il giudice stesso sospende il processo se non ritiene l’istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Ciò comporta la possibilità di valutazioni diverse del giudice di merito e della Corte regolatrice. Spetta al giudice di merito soltanto una valutazione prima facie dell’ammissibilità e della fondatezza del ricorso.

L’accento cade sulla manifesta inammissibilità (perché il regolamento è proposto a di fuori dei limiti tassativi dell’art.41 cpc) o infondatezza (ai sensi delle norme regolatrici dei limiti della giurisdizione italiana). Il giudice istruttore o il collegio provvede con ordinanza. La legge non precisa il regime di stabilità dell’ordinanza. L’ordinanza potrà essere revocata dallo stesso giudice che l’ha emanata sulla base di una diversa soluzione della questione attinente alla manifesta inammissibilità o infondatezza. Occorre segnalare che il d.lgs. 40/2006 è intervenuto anche sul procedimento che dovrà essere osservato davanti alle Sezioni Unite che siano investite da un regolamento di giurisdizione dettando una disciplina applicabile anche al procedimento per regolamento di competenza. Quanto alla forma di provvedimento la Corte di Cassazione si pronuncia sul regolamento di giurisdizione con ordinanza.

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