Il regolamento di giurisdizione ha avuto lo scopo, nelle intenzioni del legislatore, di offrire alle parti un mezzo per ottenere più rapidamente una decisione definitiva sulla giurisdizione, prima che sulla questione si pronuncino i giudici investiti della causa: anziché farla decidere da loro, ciascuna delle parti può farla decidere direttamente dalla Corte di cassazione, supremo organo regolatore dell’ordine delle giurisdizioni, la cui decisione è vincolante ed esclude qualunque ulteriore discussione sul punto deciso (41: Regolamento di giurisdizione).

Oggetto. Il regolamento di giurisdizione può avere per oggetto una qualsiasi delle questioni (e di esse sole) indicate nel 37, ed ha l’effetto di provocare direttamente il giudizio delle Sezioni unite della Corte di cassazione, senza attendere che la causa vi pervenga per la trafila delle impugnazioni.

L’avvenuta abrogazione, ad opera della legge di riforma del diritto internazionale privato, del comma II del 37 ha fatto sorgere il delicato problema circa l’applicabilità del regolamento di giurisdizione anche per risolvere le questioni relative ai limiti della giurisdizione italiana (per es., nei confronti dello straniero quante volte la nazionalità del convenuto abbia ancora rilevanza, ovvero di un convenuto privo di residenza e domicilio in Italia, etc.). Posto che il 41 ammette il regolamento per far risolvere “le questioni di giurisdizione di cui all’art. 37”, il venir meno del comma II di tale ultima norma – che regolava espressamente il difetto di giurisdizione verso lo straniero – potrebbe indurre a ritenere ormai non percorribile la via del regolamento perché quella concernente i limiti della giurisdizione italiana non sarebbe più configurabile come “questione di giurisdizione di cui all’art. 37”.

Il problema è stato risolto da Cass. S.U. 6/1999 nel senso della perdurante applicabilità del regolamento (nel caso, nei confronti dello straniero).

Natura del regolamento. Il regolamento di giurisdizione non è un mezzo d’impugnazione, poiché non presuppone una decisione, e non è proposto contro di essa; è piuttosto un mezzo eccezionale e straordinario per sostituire al giudizio del giudice della causa quello dell’organo supremo sulla questione che riguarda i limiti della giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, o dei giudici speciali.

Perciò, la decisione della Corte suprema appartiene al procedimento di primo grado, nel quale si inserisce e prende il posto della sentenza che avrebbe pronunciato il giudice della causa, con la differenza che naturalmente non è impugnabile; e se avendo affermato l’esistenza della giurisdizione apre la via al proseguimento della causa non pregiudica in alcun modo la questione di merito né qualsiasi altra questione della causa (386: Effetti della decisione sulla giurisdizione).

Tuttavia la decisione che afferma l’esistenza della giurisdizione ordinaria nei confronti della p.a. implica necessariamente una decisione favorevole alla possibilità di esistenza (in astratto) di un diritto soggettivo verso l’amministrazione, salva la dimostrazione della sua effettiva esistenza in concreto.

Termine di proponibilità. Il regolamento di giurisdizione è proponibile solo “finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado” (41: Regolamento di giurisdizione), nemmeno parzialmente e con sentenza non definitiva e si propone come il ricorso per Cassazione, a norma degli articoli 364 ss. (Deposito per il caso di soccombenza), producendo la sospensione del processo, a norma del 367 (Sospensione del processo di merito); per cercare di porre un limite a tale inconveniente, già in sede giurisdizionale la Corte di cassazione aveva affermato che il regolamento non sospende il processo, se inammissibile; e, proseguendo per tale via, le modifiche portate al 367 dalla riforma del 1990 consentono di ritenere che quello sospensivo non si atteggia più ad effetto automatico della proposizione del regolamento.

Difatti la sospensione è oggi rimessa all’apprezzamento che il giudice avanti al quale è pendente il processo è chiamato a compiere circa la non manifesta inammissibilità dell’istanza o la non manifesta infondatezza della contestazione della giurisdizione.

È stato controverso se esso sia proponibile anche quando il processo sia pendente davanti ad un giudice speciale ed in particolare davanti al Consiglio di Stato ed alla Corte dei conti; in senso affermativo è la giurisprudenza della Corte di cassazione.

Non può considerarsi decisione di merito, atta a precludere il regolamento, la sentenza che decide la questione di giurisdizione (si è pronunciata però in senso opposto Cass. S.U. 2466/1996); in questo caso il ricorso per regolamento di giurisdizione concorre con l’appello. Ma se la sentenza del giudice di merito che ha deciso la questione di giurisdizione passa in giudicato, il regolamento non è più ammissibile.

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