Conflitti sull’indirizzo della vita familiare, ovvero nell’esercizio della potestà sui figli e nella gestione ordinaria dei loro beni

Importanti sono i conflitti che possono insorgere tra i coniugi sull’indirizzo della vita della famiglia, o nell’esercizio della potestà sui figli e nella gestione ordinaria dei beni di questi.

aa) A proposito della composizione dei contrasti dei coniugi sull’indirizzo della vita della famiglia occorre far riferimento alla disciplina dettata dall’art. 145 cc, secondo cui, in caso di disaccordo, ciascuno dei coniugi può ricorrere al tribunale del luogo in cui è stabilita la residenza familiare o, se questa manchi, al tribunale del luogo di domicilio di uno dei coniugi.

Il giudice, ascoltati i coniugi ed eventualmente i figli conviventi che abbiano compiuto i 16 anni, tenta di raggiungere una soluzione concordata.

Se il tentativo di conciliazione non riesce, non è conferito al giudice il potere di emettere un provvedimento vincolante per i coniugi. L’esercizio di tale potere è subordinato a 2 condizioni imprescindibili:

  • una di carattere oggettivo: il disaccordo deve riguardare la fissazione della residenza o «altri affari essenziali», opzioni fondamentali nell’indirizzo della vita familiare
  • l’altra di carattere soggettivo: l’emanazione di un provvedimento deve esser richiesta non da uno solo dei coniugi, bensì congiuntamente ed espressamente da entrambi.

Il giudice, quindi, non interviene affatto con poteri di imperio o sostitutivi della volontà dei coniugi. Egli opera, piuttosto, in funzione conciliativa e può sostituire la propria determinazione alla libera scelta dei coniugi, adottando la soluzione che egli ritenga più adeguata, anche se non indicata dalle parti, solo nell’ipotesi, in cui vi sia stata richiesta espressa e congiunta dei due coniugi. Si tratta, dunque di un’attività che il giudice svolge «inter volentes» e che è facilmente assimilabile a quella di un arbitratore libero con poteri equitativi, che tragga questi poteri da una manifestazione di volontà delle parti interessate.

bb) Nel disaccordo dei genitori su questioni relative ai figli, sia in materia di esercizio della potestà, sia in materia di rappresentanza e di gestione ordinaria, il giudice, sentiti i genitori ed il figlio se già 14enne, suggerisce le «determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio».

Se, poi, nonostante i «suggerimenti» del giudice, il contrasto tra i coniugi permane, verrà emesso un provvedimento su richiesta anche di uno solo dei coniugi, solo per attribuire ad uno dei due coniugi il potere di decisione. In questo modo il provvedimento del giudice, la relativa competenza spetta al tribunale dei minorenni, ha solo la funzione di riservare ad uno dei coniugi l’esercizio della potestà sul figlio, operando correlativamente la sospensione temporanea dell’esercizio della stessa potestà da parte dell’altro coniuge.

Conflitti tra i coniugi di natura patrimoniale

Conflitti tra i coniugi di natura patrimoniale possono insorgere essenzialmente nell‘amministrazione dei beni costituenti oggetto della comunione familiare o del fondo patrimoniale, che spetta ad entrambi i coniugi, disgiuntamente per gli atti di ordinaria amministrazione e congiuntamente per gli altri atti.

Qui l’intervento del giudice si può avere in 3 ipotesi:

  1. per autorizzare uno dei coniugi al compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, per i quali l’altro coniuge rifiuti il proprio consenso
  2. per autorizzare uno dei coniugi al compimento degli stessi atti «in caso di lontananza o di altro impedimento» dell’altro coniuge;
  3. per disporre l’esclusione di uno dei coniugi a richiesta dell’altro, quando il primo è minore d’età o non può amministrare, o se ha male amministrato, e per disporre la reintegrazione dello stesso coniuge, quando sono venuti meno i motivi che hanno determinato l’esclusione.

Tutti questi provvedimenti vengono emessi, su ricorso del coniuge interessato, dal tribunale ordinario, con provvedimento in camera di consiglio.

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