I caratteri generali del procedimento di separazione

Il codice civile e il cod. di procedura civile hanno previsto 2 forme di separazione personale dei coniugi:

  1. la separazione giudiziale
  2. la separazione consensuale

La relativa disciplina sostanziale e processuale ha subito modifiche nel tempo, innanzi tutto ad opera della l. 151/1975 che, nel quadro della riforma del diritto di famiglia, ha eliminato la necessità della prova della «colpa» come condizione per ottenere la pronuncia di separazione ed è stata ammessa la possibilità di ottenere la separazione personale, purché si siano verificati fatti tali «da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza» e da recare grave pregiudizio all’educazione della prole.

E’ riconosciuta la facoltà di chiedere al giudice di dichiarare nella sentenza «a quale dei due coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio». Le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti la separazione.

aa) Nella separazione giudiziale si possono distinguere 3 fasi del procedimento:

  1. una fase presidenziale

La domanda di separazione giudiziale si propone con ricorso, contenente l’illustrazione dei fatti sui quali è fondata la domanda, diretto al presidente del tribunale, il quale fissa il giorno della comparizione dei coniugi, nonché il termine per la notificazione al coniuge convenuto del ricorso e del decreto, notificazione che deve avvenire a cura del coniuge ricorrente.

I coniugi devono comparire personalmente davanti al presidente del tribunale ed anche in questa fase, possono farsi assistere da un difensore.

Gli eventuali provvedimenti presidenziali temporanei ed urgenti adottati nell’interesse dei coniugi e della prole hanno forma di ordinanza, che costituisce titolo esecutivo e che conserva la sua efficacia finché non viene revocata, nello stesso giudizio, con ordinanza del giudice istruttore o con sentenza esecutiva e, nell’ipotesi di estinzione del processo, finché non viene sostituita con altro provvedimento emesso dal presidente del tribunale o dal giudice istruttore, a seguito di presentazione di un nuovo ricorso per separazione dei coniugi.

Contro questo provvedimento è ammesso il reclamo in corte d’appello.

  1. una fase istruttoria

Il passaggio dalla fase presidenziale alla fase istruttoria si ha solo quando risulti infruttuoso il tentativo di conciliazione esperito dal presidente del tribunale. In questo caso, infatti, lo stesso presidente, dopo aver pronunciato i provvedimenti urgenti, fissa con ordinanza l’udienza di comparizione davanti al giudice istruttore. Alla fase istruttoria si applicano le norme del processo di cognizione ordinario

  1. una fase decisoria

In questa fase operano le norme del processo di cognizione ordinario. La relativa decisione deve essere assunta dal tribunale in forma collegiale e quindi con il numero invariabile di tre votanti. La sentenza emessa dal tribunale è impugnabile con i normali mezzi di impugnazione.

Se il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione e il processo prosegue per le altre questioni (richiesta di addebito, affidamento dei figli o questioni economiche), contro tale sentenza è ammesso soltanto l’appello immediato. L’appello è deciso in camera di consiglio.

Nella forma del processo camerale è inoltre ammessa la modificabilità dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole.

bb) Separazione consensuale: il procedimento di separazione consensuale realizza una forma speciale di omologazione del consenso alla separazione. Anche qui, a seguito della presentazione del ricorso, si svolge una fase presidenziale, in cui il presidente del tribunale esperisce il tentativo di conciliazione.

Fallito il tentativo di conciliazione, le parti chiedono che il tribunale omologhi la separazione, alle condizioni che le stesse parti hanno accettato preventivamente o che determinano nel corso dell’udienza.

Il provvedimento di omologazione viene emesso dal collegio, in camera di consiglio, su relazione del presidente. Anche le condizioni della separazione consensuale sono modificabili.

La modificabilità del titolo della separazione personale è negata dalla giurisprudenza.

I caratteri generali del procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio

Anche il procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio si può distinguere in tre fasi: presidenziale, istruttoria e decisoria, che hanno forme analoghe a quelle del procedimento di separazione.

La fase presidenziale si introduce con ricorso, richiede la comparizione personale delle parti e si conclude con i provvedimenti presidenziali, aventi forma di ordinanza.

Nella fase istruttoria, vengono conferiti al giudice istruttore il potere di disporre d’ufficio l’assunzione di mezzi istruttori, sia nel procedimento di separazione, sia in quello di divorzio.

Nella fase decisoria, se il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento del matrimonio, il processo prosegue solo per i provvedimenti accessori; contro tale sentenza è ammesso, così come nel giudizio di separazione, solo l’appello immediato, che è sempre deciso in camera di consiglio.

La natura determinativa delle pronunce accessorie non ne circoscrive il riesame nei limiti concessi dai singoli mezzi di impugnazione e non trova preclusione per questo riesame nel passaggio in giudicato della sentenza.

Il sopraggiungere di «giustificati motivi» dopo la sentenza è condizione per chiedere la revisione delle disposizioni accessorie contenute nella sentenza e relative sia all’affidamento dei figli, sia alla misura ed alle modalità dell’assegno imposto a favore dei figli o dell’altro coniuge.

La stessa clausola può giustificare la richiesta da parte del coniuge divorziato, in un separato giudizio, dell’assegno di mantenimento non richiesto nel corso del giudizio di divorzio, se lo stato di bisogno sia sopravvenuto dopo la conclusione di questo.

Il procedimento previsto per ottenere questa revisione è promosso su istanza di parte e si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio. Il relativo provvedimento assumerà la forma del decreto, contro cui sarà proponibile reclamo alla corte d’appello.

Il «regime uniforme» dei due procedimenti

Recenti interventi legislativi hanno interessato la normativa del codice civile e del codice di procedura civile con riferimento non solo ai procedimenti di separazione e di divorzio, ma anche alla condizione e ai diritti dei figli, sia di quelli minorenni sia di quelli ormai giunti alla maggiore età.

Le modifiche sono entrate in vigore da marzo 2006 e si applicano, con la sola eccezione del dettato dell’ult. comma dell’art. 708 cpc relativo al reclamo avverso i provvedimenti «temporanei e urgenti» emessi dal presidente del tribunale, ai procedimenti instaurati dopo tale data.

I procedimenti di separazione e di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sono stati investiti da modifiche significative che interessano entrambi i procedimenti, tanto che si può parlare dell’avvenuta introduzione di una disciplina uniforme dei procedimenti di separazione e di divorzio.

a) Competenza: il legislatore si è tutto preoccupato di spostare la competenza per la proposizione dei giudizi dal luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio al luogo dell’ultima residenza comune dei due coniugi.

Se ciò non sia possibile, quindi in via subordinata e residuale, la competenza viene attribuita al giudice del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio.

Laddove il coniuge convenuto sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente.

Il procedimento di separazione dei coniugi viene intrapreso quando i due coniugi sono ancora assoggettati all’obbligo di coabitazione, sicché normalmente il luogo dell’ultima residenza comune dei due coniugi coincide con l’ultima residenza del coniuge convenuto e, quindi, la modifica legislativa sarebbe superflua.

Nel giudizio di divorzio, la domanda di divorzio può essere proposta solo dopo che è trascorso almeno un triennio di pregressa, ininterrotta separazione, che può condurre i 2 coniugi a vivere in luoghi lontani da quello in cui era posta la loro ultima residenza: rispetto a tale procedimento, quindi, il luogo dell’ultima residenza comune potrebbe essere anche lontano tanto dalla residenza dell’uno, quanto dell’altro. Risulta quindi irrazionale imporre come scelta prioritaria per radicare la competenza quella del luogo dell’ultima residenza comune dei due coniugi.

b) Atti introduttivi: la Novella non ha mutato la forma dell’atto introduttivo, che in entrambi i procedimenti è il ricorso, né la previsione che le difese del convenuto sono affidate ad una memoria.

Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio. Sono poi da depositare agli atti, unitamente a quelli introduttivi, «le ultime dichiarazioni dei redditi presentate» e ogni documentazione relativa al patrimonio personale e comune.

La Novella non ricollega alcuna espressa conseguenza sanzionatoria di tipo processuale all’omesso o tardivo deposito di tali documenti.

Il giudice, per quanto concerne il mantenimento dei figli, ha il potere di disporre accertamenti della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi: tale disposizione sembra svolgere, rispetto ai coniugi, una funzione di stimolo atta a favorire il deposito, ab initio, della documentazione fiscale.

In caso di contestazioni, il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria

c) Termini: con scopo acceleratorio di ambedue i procedimenti e in relazione alla fase introduttiva degli stessi, si è stabilito,che, presentato il ricorso di separazione o di divorzio, il presidente del tribunale deve fissare con decreto, nei successivi 5 giorni, l’udienza di comparizione, che deve aver luogo entro 90 giorni dal deposito del ricorso.

Parallelamente all’introduzione del termine massimo entro cui l’udienza deve essere fissata, è scomparsa la previsione del termine minimo di comparizione: è infatti ora disposto che il presidente, nello stesso decreto in cui stabilisce la data di comparizione dei coniugi all’udienza presidenziale, fissa anche il termine per la notificazione del ricorso e del decreto, nonché il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare, prima dell’udienza presidenziale, memoria difensiva e documenti.

Tale deposito può essere utile per il convenuto al fine di consentirgli l’esposizione delle proprie ragioni in vista della eventuale adozione dei provvedimenti urgenti, ove il tentativo di conciliazione fallisca.

L’omesso deposito, prima dell’udienza presidenziale, della memoria difensiva e dei documenti non ne impedisce il deposito in un momento successivo, ossia nella predetta udienza o nella ulteriore eventuale fase innanzi al giudice istruttore. Le parti, nel passaggio alla fase istruttoria, sono difatti ammesse all’esercizio dei nova, con riferimento alle domande, alle difese e alle allegazioni, nonché alle deduzioni istruttorie e alla produzione dei documenti.

Le citate disposizioni non chiariscono quali siano le conseguenze dell’inottemperanza al contenuto del decreto presidenziale. Al riguardo, in dottrina è stato proposto di diversificare le conseguenze stesse a seconda degli interessi considerati:

  • ove le misure urgenti da adottarsi concernano i figli, l’utilizzabilità della memoria e dei documenti tardivamente depositati è piena ed incondizionata
  • ai fini dei provvedimenti relativi ai rapporti economici fra i coniugi, l’utilizzabilità di tali alligata e probata sia condizionata alla mancata formulazione dell’eccezione di decadenza da parte del ricorrente.

d) Poteri del giudice: la l. 54/2006 ha dedicato ai poteri istruttori del giudice il nuovo art. 155 sexies, comma 10, c.c.

La novellata disposizione, ritenuta applicabile anche nel procedimento di divorzio, riconosce al giudice poteri istruttori ex officio quando deve adottare, anche in via provvisoria, i provvedimenti relativi ai figli ed aggiunge espressamente la possibilità di disporre l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore, «ove capace di discernimento».

E’ stato concesso al giudice, nell’ipotesi in cui le informazioni fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il potere di disporre un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto di contestazione, anche nell’ipotesi in cui tali beni siano intestati a soggetti diversi.

L’esercizio di questi poteri permette di ovviare alla mancata produzione delle ultime dichiarazioni dei redditi unitamente al deposito degli atti introduttivi e rappresenta un deterrente per tale omissione nonché sanzione adeguata per le parti che non osservino il precetto legislativo.

Nei procedimenti di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del matrimonio, compete al tribunale un analogo potere di accertamento, attuabile anche attraverso la polizia tributaria, quando deve adottare provvedimenti relativi ai rapporti economici fra coniugi e sorgano contestazioni, con la differenza, però, che il suddetto potere non può in tal caso estendersi ai beni intestati a terzi

e) Provvedimenti temporanei e urgenti: emessi ai sensi dell’art. 708,3 cpc e art. 4,8 l. 898/1970.

A tal riguardo l’impatto della riforma è stato significativo. Infatti, dapprima la l. 80/2005 ha svincolato la revoca e la modifica di tali provvedimenti dal verificarsi di mutamenti nelle circostanze; successivamente, la l. 54/2006 ha previsto, con riferimento ai provvedimenti presidenziali pronunciati nei giudizi di separazione dei coniugi, la possibilità di proporre reclamo alla corte d’appello, entro 10 giorni dalla notificazione del provvedimento.

f) Sentenza

La riforma presenta novità interessanti anche per quanto concerne il regime della decisione finale, la cui ratio risiede nella necessità di impedire che il coniuge convenuto, che volesse ritardare l’emanazione della sentenza nel giudizio di separazione, ma soprattutto in quello di divorzio, potesse ottenere questo risultato avvalendosi delle complicazioni processuali dovute ad accertamenti e allo svolgimento delle prove in ordine a 2 questioni fondamentali:

  • l’affidamento dei figli
  • le disposizioni economiche.

Per il giudizio di separazione sono state introdotte 2 novità importanti:

  • quando il giudizio debba proseguire sulla richiesta di addebito della separazione, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale, per espressa previsione legislativa, pronuncia sentenza immediata «non definitiva», relativa alla separazione, rinviando ad un’ulteriore fase del giudizio la soluzione delle questioni accessorie
  • contro tale sentenza è ammesso soltanto l’appello immediato, deciso in camera di consiglio dalla corte d’appello, mentre è esclusa la possibilità di formulare riserva di impugnazione.

L’esclusiva impugnabilità della sentenza con appello immediato dovrebbe favorire la stabilità della decisione relativa alla separazione e al divorzio, accelerando il passaggio in giudicato della sentenza.

La forma camerale per lo svolgimento del giudizio di appello non appare in contrasto con la garanzia costituzionale del diritto alla difesa, giacché anche in tale procedimento risulta comunque assicurato il principio del contraddittorio, né con il diritto alla prova, perché anche nel rito camerale è possibile acquisire prove precostituite ed assumere prove costituende, sia pure in modo informale e atipico ma, comunque, rispettoso del principio dellidoneità degli atti processuali al raggiungimento dello scopo.

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