L’azienda coniugale (art. 177 lett. d.) ricorre quando i coniugi in regime di comunione legale gestiscono entrambi un’azienda costituita dopo il matrimonio. Dal fatto della gestione comune la legge fa discendere la considerazione dell’azienda come bene comune, che quindi segue le norme dettate per l’amministrazione corrispondente (artt. 180 e segg.).
Relativamente a tale azienda sorgono due problematiche:
- ci si chiede se l’esistenza di questa figura porti ad escludere la possibilità che fra coniugi in regime di comunione legale possa esser contratta una vera e propria società di persone oppure se, quantomeno, per procedere essi debbano preventivamente sciogliere la comunione. In mancanza di indicazioni legislative, sembra preferibile ritenere che i coniugi possano liberamente contrarre società, giacché altrimenti il regime legale verrebbe a costituire un grave limite alla loro libertà di iniziativa economica.
- sorge il problema di individuare la linea di confine tra azienda coniugale e società. La differenza tra questi due istituti sembra risiedere nel diverso profilo causale: l’azienda coniugale attiene ad una fase pre-societaria, in cui ancora prevale l’affectio coniugalis sull’affectio societatis, in cui l’azienda è ancora parte dell’economia domestica e in cui dunque non v’è distinzione fra cassa aziendale e cassa familiare. Di qui la mancanza di autonomia patrimoniale.