È un istituto sorto dalla pratica, ed è poi stato recepito dal legislatore.

Ha luogo per dare rilievo a situazioni che rendono priva di significato la prosecuzione del processo. Queste situazioni possono consistere nel sopravvenire di due tipi di circostanze:

–          Oggettive (es. nell’ipotesi in cui venga chiesto un risarcimento del danno vi potrebbe essere una transazione);
–          Soggettive (es. nell’ipotesi di divorzio vi potrebbe essere la morte di uno dei coniugi).
La sentenza che dichiara la cessazione della materia del contendere è una sentenza di merito o di rito? Vi sono più opinioni:
–          Taluni ritengono che questa sentenza sia assimilabile alla dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse ad agire, quindi assimilano questa sentenza ad una sentenza di rigetto in rito;
–          Altri ritengono che questa sentenza debba essere equiparata ad una sentenza di rigetto nel merito, in quanto queste circostanze determinano l’inesistenza della situazione sostanziale oggetto del processo.
È preferibile questa seconda opinione poiché queste circostanze sopravvenute determinano il venir meno della situazione sostanziale oggetto del processo.

L’art. 5 c.p.c. integra il principio della perpetuatio iurisdictionis et competentiae: afferma che la giurisdizione e la competenza sono valutate nel momento della proposizione della domanda, non hanno rilievo i mutamenti delle circostanze di fatto delle leggi successive alla proposizione della domanda. Da questa regola si deduce un principio che vale per tutte le condizioni di trattabilità e decidibilità della causa nel merito: la loro sussistenza deve essere valutata all’inizio del processo, ed esse non vengono meno in seguito al mutamento delle circostanze di fatto o al sopravvenire di nuove leggi. Dato questo principio non si può ritenere che queste circostanze determinino il venir meno dell’interesse ad agire che sussisteva nel momento della proposizione della domanda;
–          Da un punto di vista pratico potrebbe essere utile configurare questa sentenza come una sentenza di merito.
Esempio:           vi è stata la pronuncia di una sentenza di primo grado che condanna al pagamento di una somma di denaro. La parte soccombente propone appello. Le parti poi concludono una transazione per una somma minore. In appello vi è la sentenza che dichiara la cessazione della materia del contendere. Se si accoglie l’opinione che configura la sentenza come una sentenza di rigetto in rito, questa sentenza dovrebbe essere considerata una sentenza che dichiara l’inammissibilità della domanda. La conseguenza è che passa in giudicato la sentenza di primo grado che aveva accertato l’esistenza di un diritto che in realtà non esiste più. La replica a quest’argomento sarebbe che la cosa giudicata ha dei limiti cronologici, opera con riferimento al momento ultimo in cui è possibile far valere le circostanze, e questo momento ultimo è l’udienza di precisazione delle conclusioni. Per stabilire l’accertamento incontrovertibile quindi bisogna far riferimento all’accertamento delle conclusioni.

Il vero problema è stabilire come devono essere ripartite le spese processuali:
–          Secondo alcuni si deve applicare la regola per cui le spese stanno a carico di chi ha iniziato il procedimento o di chi lo ha ingiustificatamente proseguito;
–          È preferibile la tesi che ritiene debba applicarsi il criterio della soccombenza virtuale: il giudice deve fare una valutazione sulla fondatezza o meno della domanda prima che intervenisse la circostanza che poi ha determinato la cessazione della materia del contendere, e porre a carico le spese della parte che sarebbe stata soccombente (dovrebbe seguire anche il criterio della soccombenza reciproca, ma questo non avviene quasi mai).

Altro problema è quello della rilevabilità d’ufficio di queste circostanze:
–          Altri ritengono che debbano essere sollevate dalle parti;
–          La giurisprudenza si attribuisce questo potere. Ritiene anche che per la deduzione di queste circostanze, da parte del difensore della parte, non sia necessaria una procura speciale (la procura speciale alle liti non comporta l’attribuzione di certi poteri, per l’attribuzione di alcuni particolari poteri processuali è necessario che questi vengano espressamente menzionati nella procura, ad es. il potere di rinunciare agli atti del giudizio, il potere di conciliare etc.).

Se si pensa al fatto che per la rinuncia agli atti del giudizio sia necessaria l’attribuzione specifica del potere, non richiedere espressamente l’attribuzione del potere di dedurre queste circostanze lascia un po’ perplessi.
La Cassazione ha dimostrato un notevole favor verso il rilievo di queste circostanze, tant’è che viene ammessa nel procedimento per Cassazione la produzione di documenti che dimostravano l’esistenza di fatti idonei a fondare una sentenza di cessazione della materia del contendere (i nuovi documenti di regola in Cassazione sono proibiti, a meno che non siano necessari per dimostrare che è legittimo il potere di proporre ricorso per Cassazione).

 

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