Per garantire l’autonomia e indipendenza dei giudici da ogni altro potere statale il costituente ha organizzato la magistratura in un ordine autonomo e indipendente. A tal fine è stato creato un organo di autogoverno il C.S.M. al quale è affidata l’intera carriera dei magistrati. Poiché tuttavia era necessario stabilire un raccordo tra la magistratura e gli altri poteri statali e soprattutto il popolo sono stati immessi nel C.S.M. membri eletti dal parlamento e si è affidata la sua presidenza al P.D.R. al fine così di garantire il rispetto del limite della legge e per evitare che possa essere perseguita dal consiglio una politica di corporazione.

Le vicende degli ultimi anni hanno però dimostrato che lo strumento adoperato non è comunque funzionale ai fini per cui era stato creato essendovi la tendenza della magistratura a porsi come un ordine separato e quella del potere politico a riacquistare il pieno controllo su tale ordine. Stando così le cose risultano comprensibili le discussioni e le proposte che vorrebbero modificare l’attuale composizione del C.S.M. dando la prevalenza o almeno parificando i membri eletti dal parlamento che oggi sono i 2/3 ai membri togati e ridurre le garanzie di autonomia e indipendenza dei giudici prevedendo la loro responsabilità.

L’attenzione del costituente per le altre pressioni che possono influire sulla neutralità dei magistrati è stata invece minore o del tutto mancante. Tali pressioni possono essere così sintetizzate:

1) pressioni provenienti dall’interno dell’ordine giudiziario

2) pressioni provenienti da particolari rapporti che il giudice abbia con la controversia o con una delle parti

3) pressioni provenienti da particolari ideologie o dall’appartenenza ad associazioni o partiti politici

4) pressioni provenienti dai gruppi organizzati

Per quanto riguarda le pressioni provenienti dall’interno dell’ordine giudiziario va detto che poiché l’art 107 cost. dispone che i magistrati si distinguono tra loro solo per diversità di funzioni attualmente vi è un sostanziale annullamento della carriera che avviene automaticamente essendo del tutto svincolata dalle funzioni concretamente esercitate evitando così che essi possano essere assoggettati al potere dei capi degli uffici giudiziari.

Per quanto riguarda i rapporti con la controversia o con una delle parti va detto che essi non sono presi in considerazione dalla cost. ma dalla legge ordinaria che tramite gli istituti della astensione e ricusazione fissa i casi in cui sussiste l’obbligo del giudice di astenersi o il potere della parte di chiederne la ricusazione. Tali casi sono rapporti di parentela, di interesse, di particolare amicizia, di inimicizia, di debito o credito o infine casi in cui il giudice abbia già avuto modo di pronunciarsi sulla causa.

Occorre rilevare che il ricorso per ricusazione sospende il processo in corso e che la decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile che se di rigetto o inammissibilità provvede anche sulle spese e condanna il difensore o la parte ad una pena pecuniaria. Per quanto riguarda invece l’influenza che può derivare dalle ideologie o dall’appartenenza ad associazioni o partiti politici va detto che non esiste alcuna norma a riguardo dato che l’art 98 cost. che si limita a prevedere che si possono stabilire con legge limitazioni al diritto dei magistrati di iscriversi ai partiti politici non assolve certamente a tale compito.

Allo stesso modo non esistono strumenti per evitare che la serenità di giudizio dei magistrati possa essere influenzata dai mezzi di pressione. L’unica norma che ha una qualche relazione con questo tema è l’art 114 c.p.p. che regola il divieto di pubblicazione di determinati atti.

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